Sonnambula non ce la fa. Niente Prima (24 aprile), niente «seconda» (27), l'opera di Bellini segue il destino delle «colleghe» di cartellone e non va in scena. Gli autonomi sono irremovibili. «Ci aspettavamo un'apertura, ma siamo rimasti delusi una volta di più». Nicola Lo Gerfo, leader della Fials, ha annunciato ieri ufficialmente lo sciopero per domani e per domenica prossimi e l'intenzione a non mollare. «Ancora nell'incontro del 16 aprile, proprio il sindaco ci aveva promesso di affrontare finalmente la situazione, soprattutto dopo le agitazioni di "Trovatore"; anzi, ci aveva anche chiesto di presentarle una bozza di protocollo d'intesa per avviare un percorso costruttivo per azienda e lavoratori e per rilanciare il Teatro Carlo Felice ai livelli nazionali ed internazionali che gli competono».
Detto fatto: il giorno dopo il documento è pronto, ma il Cda non si può riunire per mancanza del numero legale dei consiglieri. Tutto rinviato, si rimane in attesa di risposta. Tra i punti della proposta di protocollo, la svolta radicale dal punto di vista artistico e culturale - il famoso «rilancio» - l'impostazione di un nuovo assetto dirigenziale, a cominciare dalle figure apicali; la presentazione di un piano di sviluppo triennale, che contempli un risanamento economico e finanziario. E soprattutto l'azzeramento dell'accordo firmato con i confederati il 1° marzo 2008 sull'anticipazione salariale e la ridefinizione economica dello stesso. E proprio qui sta uno dei nodi: il così definito «regime» della Cgil, cui apparterrebbe gran parte dei quadri dirigenziali e che, minoranza, deciderebbe la sorte dell'80% dei lavoratori del teatro. «Tanto più che il nostro contratto non prevede, per definizione, che ci possa essere un aumento del salario legato all'incremento di produttività, quindi ci sono delle chiare incongruenze; quasi arriviamo a pensare che il sindaco sia ostaggio di un sindacato». Roberto Conti (Snater) aggiunge carne al fuoco e cita uno degli altri punti nevralgici, la vertenza sul Fondo Pensioni. «Se verrà riconosciuta la pesante responsabilità della sovrintendenza (e qui si parla di mala gestione di anni precedenti, non "dibenedettiana"), allora sì che saranno grane per il teatro, lì sì che si rischia grosso, non parlo solo di commissariamento, qui si tratta di chiusura definitiva». Poi il fulmine a ciel sereno.
Ieri si riunisce il Cda e ratifica il famoso accordo del 1° marzo, con una piccola modifica alla stesura originale, con il mandato cioè al sovrintendente di reperire entro 60 giorni le risorse per l'aumento salariale. «Insomma, cambiano i piatti, ma la minestra è sempre la stessa, qui ci prendono in giro con giochi di parole; e per di più nessuno ci informa, abbiamo saputo di questa riunione in maniera del tutto ufficiosa, è uno scandalo». Lo Gerfo coglie l'occasione per annunciare una nuova battaglia: «Siamo in sciopero, siamo rammaricati e delusi. Faremo qualcosa di alternativo, porteremo la musica del Carlo Felice in sedi mai visitate dal teatro, così faremo sentire la nostra presenza con qualcosa di socialmente utile; già fissata la data del 29 aprile per un concerto al Paverano, poi sarà la volta dell'Università».
La risposta del sindaco non si è fatta attendere. «Uno sciopere pretestuoso - ha detto Marta Vincenzi - che ha a che fare con le cordate e la gestione del potere allinterno del Carlo Felice.
Adesso non ci resta che attendere il destino di «Onegin». Ma al 23 maggio manca ancora un po' di tempo.
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