di Luciano Ardoino
Caro Massimiliano Lussana, sono andato via (oltre 40anni fa) perché nessuno mi ha detto: «Cosa vai via a fare che non hai nemmeno 18 anni».
Sono andato via perché Genova era governata da over 60/70 che non pianificavano il futuro perché era un futuro che tanto non avrebbero visto.
Sono andato via perché quelli più giovani non avevano idee per progettarne uno migliore e quelle poche che trovavano erano stoppate dai «vecchi» della città con la stupida frase: «L'emu sempre fetu cuscì» (abbiamo sempre fatto così, perché vuoi cambiare?).
Sono andato via perché non passava giorno che non ci fosse uno sciopero degli studenti o quant'altro, e credevo che i diritti derivassero per prima cosa dai doveri. La vita mi ha poi insegnato che è proprio così.
Sono andato via perché speravo che altrove le cose andassero meglio.
Sono andato via perché sapevo che altrove le cose andavano meglio.
Sono andato via perché nella mia città non esistevano delle ideologie come il rischio, passione e coraggio.
Sono andato via perché altrove queste ideologie esistono; eccome se esistono.
Sono andato via perché il successo è uno stato mentale. Se fai il pittore è fare un capolavoro, se fai il medico è salvare vite. Per me il successo era imparare il turismo.
Qui?
Sono andato via perché volevo diventare qualcuno senza aver bisogno di calci nel didietro per poi non incontrare lo sguardo di un sottoposto, ma più bravo e migliore di me.
Sono andato via perché all'estero avrei guadagnato molto di più (palanche ed esperienza).
Sono andato via perché la paura è il grande freno in qualsiasi progetto di cambiamento di vita, e io non volevo e non voglio avere paura; al massimo un timoroso ma grande rispetto di quella degli altri.
Sono andato via perché sentirsi italiani spesso non basta.
Sono andato via perché altrove non mi sono mai sentito straniero, se non come nella mia stessa città.
Sono andato via perché all'estero credevo di poter tranquillamente parlare con Re e con barboni.
Sono andato via perché all'estero sono riuscito a parlare sia con i Re che con i barboni; a prescindere dal mio e il loro conto corrente in banca.
Sono andato via perché amavo la gente di tutte le razze, mentre qui nessuno mi amava.
Sono andato via perché alle sette del mattino, a Genova, nessuno sorrideva; e chi lo faceva, passava per scemo.
Sono andato via perché Tizio sparlava sempre di Caio, mentre Sempronio malignava sugli altri due.
Ora, caro Massimiliano, che dopo molti anni sono ritornato, da allora che cos'è cambiato?
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