Politica

«Sono Ds e Margherita a chiedere il mio aiuto»

da Roma

Lo ripete due volte Silvio Berlusconi. Prima in mattinata, al termine della riunione di Forza Italia organizzata da Francesco Giro all’Auditorium della Conciliazione di Roma, poi nel tardo pomeriggio, quando lascia Palazzo Grazioli con destinazione San Siro per assistere a Milan-Cagliari. E sul punto appare categorico: «Mai parlato di larghe intese, siamo orgogliosi e convinti del bipolarismo. E dunque noi restiamo di qua e loro di là. Semmai ho detto che ci può essere un confronto sereno e una collaborazione su aspetti che riguardano la vita del Paese». Concetto sul quale ritorna nel corso della giornata in più di una conversazione privata.
Ai parlamentari romani che gli chiedono conto dell’apertura di venerdì, infatti, il Cavaliere spiega che «mai» ha usato le parole larghe intese, ma «più semplicemente» ha «registrato» la «richiesta di aiuto di Ds e Margherita». Insomma, confida Berlusconi ai suoi, «sono loro a tendermi la mano» e «io non posso certo chiudere la porta». Ma questo, spiega il portavoce dell’ex premier Paolo Bonaiuti, non prelude affatto a «possibili soluzioni istituzionali». Tutte sfumature, spiega chi ha occasione di parlare con il Cavaliere, che però An «non ha colto». Al punto che ancora nel tardo pomeriggio di ieri i rapporti tra l’ex premier e Gianfranco Fini restavano alquanto freddi con Bonaiuti e Andrea Ronchi a fare da pontieri.
E che l’apertura al dialogo arrivi da Ds e Margherita il leader di Forza Italia lo ripete in più d’una conversazione, citando a conferma del suo ragionamento gli elogi arrivati venerdì sera da Massimo D’Alema («ha una straordinaria percezione di quel che avviene nel Paese e il Paese ha bisogno di una grande forza politica conservatrice»). Parole, confida ridendo Berlusconi, che «mi hanno quasi lusingato».
Dalla due giorni congressuale - giovedì i Ds e venerdì la Margherita - esce dunque un Berlusconi più diplomatico e aperturista. Anche perché qualsiasi dialogo serio con i vertici del futuro Partito democratico non può che mettere in crisi la leadership di Romano Prodi da una parte e schiacciare all’angolo Pier Ferdinando Casini dall’altra. Con il leader dell’Udc che rischia di perdere il primato di interlocutore privilegiato della maggioranza. Tant’è che Lorenzo Cesa non può che dirsi d’accordo sulla necessità del dialogo e di «un governo di responsabilità nazionale che possa portare l’Italia fuori dalle secche in cui è».
Un elemento, quello dell’isolamento di Casini, che Berlusconi tiene certamente in grande considerazione. Non è un caso che commentando il «no» dei centristi al Partito della libertà l’azzurro Osvaldo Napoli ci tenga a sottolineare che «Casini sbatte la porta in faccia a chiunque voglia interloquire da una posizione diversa da quella dell’Udc».
Nel lungo comizio alla festa organizzata da Forza Italia per il Natale di Roma, il Cavaliere torna poi a rilanciare la Federazione su cui «servono passi in avanti». Anche se, aggiunge, «il sogno che coltivo nel mio cuore» resta il Partito della libertà. Sul punto, però, le posizioni restano quelle di sempre: An favorevole, Lega e Udc - con sfumature e motivazioni diverse - decisamente contrarie.
Incassati gli applausi dei molti sostenitori presenti («non esagerate, mica siamo al congresso del Partito democratico», scherza), dall’Auditorium della Conciliazione il Cavaliere annuncia di voler fare le primarie per scegliere il candidato alle prossime comunali della capitale e non esclude di estendere l’iniziativa a livello nazionale perché «Roma è sempre stato il principale laboratorio politico del Paese». Poi alla convention azzurra va in onda un video dal titolo «Noi» dedicato al Pantheon ideale di Forza Italia. Tra gli altri, scorrono le immagini di Giovanni Paolo II, Bettino Craxi, Alcide De Gasperi, Ronald Regan e dello stesso Berlusconi che parla al Congresso degli Stati Uniti. Papa Wojtyla, che apre il filmato, è ripreso durante la sua omelia di inizio pontificato, nel 1978. «Non abbiate paura», dice. Parole che, racconta l’ex premier, «mi hanno commosso». Dal palco, poi, torna su Craxi. «Gli sono stato amico anche nei momenti più difficili - dice - e su di lui sono state dette delle falsità, come ad esempio che avesse lasciato un tesoretto. Posso assicurare che è morto povero».


E per chiudere una stoccata a Ds e Margherita («stanno insieme solo per la gestione del potere e degli affari») e una alla politica estera del governo («perché ancora oggi mi chiamano i leader dei Paesi amici per utilizzarmi come consigliere»).

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