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«Sono due giorni che non dormo e vedo solo sangue»

Paola Asili guida la task force della Polizia scientifica incaricata di identificare le vittime della strage: «Ci hanno messo su un aereo all’alba, non cerchiamo solo italiani»

dal nostro inviato a Sharm el Sheikh

«Mi hanno caricata su un aereo all'alba di domenica mattina. Da allora non ho visto che sangue. A sera mi hanno portato in albergo a forza. Non ricordo neppure il nome dell'hotel dove alloggio, vi ho dormito così poco che non l'ho ancora imparato». Paola Asili è una biologa della polizia specializzata nell'identificazione dei cadaveri, il direttore tecnico principale della nuova struttura messa in piedi dalla Dac (Direzione centrale anticrimine) del prefetto Nicola Cavaliere. Accorre sui luoghi delle stragi come i protagonisti del telefilm americano «Csi»; analizza, studia, cerca di dare un nome a poveri resti umani. Ha trascorso mesi in Thailandia dopo le devastazioni dello tsunami. Da due giorni è a Sharm el Sheikh in appoggio alla polizia egiziana. Una tragica spola fra le tre «scene del crimine» e l'obitorio dell'ospedale, un edificio chiaro sormontato da una piramide a metà strada tra Naama Bay e la città vecchia di Sharm. Una specie di baricentro nel triangolo del terrore.
La dottoressa Asili dirige un team composto da quattro persone: lei stessa, due tecnici biologi e un medico legale. Un quinto specialista dovrebbe essere in arrivo da Parma. La squadra ha un nome inglese quasi ricalcato dalla televisione, Disaster victim identification, Dvi. Tutto il personale appartiene alla polizia di stato. La ricerca degli italiani non è il loro obiettivo principale («anche se ovviamente abbiamo un occhio di riguardo per il riconoscimento dei connazionali», ammette la dottoressa Asili), ma per aiutare la polizia egiziana.
«Stiamo lavorando sulle prime sette salme - dice la biologa - sono vittime occidentali i cui corpi si possono considerare in buone condizioni, dal punto di vista medico legale». Significa che i primi accertamenti potrebbero consentire un riconoscimento anche visivo. Il riserbo sulle indagini in corso è rigoroso, soltanto la Farnesina è autorizzata a dare notizie. Il drappello di specialisti italiani potrebbe aver contribuito all'identificazione delle salme deiconnazionali morti negli attentati di venerdì notte e riconosciuti dagli effetti personali.
«Quelli che ci vengono sottoposti per essere esaminati sono corpi ricomposti, che presentano anche amputazioni, sui quali però è possibile procedere a un primo riconoscimento con l'aiuto di un medico legale -, spiega Paola Asili -. Dalle autorità egiziane, alle quali siamo di supporto, abbiamo ricevuto grande collaborazione in questo momento. Sono loro a metterci a disposizione i resti umani. I primi riscontri che stiamo facendo sono di carattere visivo, ma i responsi definitivi sull'identità delle vittime arriveranno dagli esami scientifici e dal test del Dna che verrà realizzato a Roma, nei laboratori della Polizia scientifica della Direzione centrale anticrimine».
Gli specialisti del Dvi team seguono procedure internazionali: esaminano i siti, raccolgono i resti, li esaminano in laboratorio secondo tecniche standard. Operano a sostegno degli inquirenti locali come stanno ancora facendo in Asia dopo lo tsunami.

«A sette mesi dal maremoto - dice il capo del team - siamo rimasti l'unica polizia scientifica internazionale presente in Thailandia, dove il personale italiano ha dato davvero un grande esempio».

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