Milano - Le Fondazioni Torino, Verona, Modena e Bologna fanno ancora un passo indietro nell’azionariato di Unicredit?
«È la terza volta - dice Fabrizio Palenzona vicepresidente di Unicredit in questa intervista - in pochi anni. Prima l’accordo per la nascita della banca, poi la fusione con Hvb ed ora l’operazione con Capitalia. È la prova provata di come le Fondazioni seguano lo sviluppo della banca e non presunte questioni di potere».
Un giochetto che ha reso bene a Fondazione Torino?
«Il patrimonio iniziale delle Fondazione, dopo la legge Amato, era di 1,1 miliardi. Oggi è vicino ai sette. Un exploit per una buona parte dovuto proprio all’andamento del titolo Unicredit».
Nella recente trattativa con Roma non vi è mai stato un momento di tensione con Alessandro Profumo?
«Il nostro sostegno è stato assoluto nei confronti dell’amministratore delegato e della sua squadra. Hanno sempre operato con determinazione per creare valore nell’interesse di tutti gli azionisti».
Profumo l’americano?
«Profumo l’europeo».
Ma non francese, l’operazione con Société Générale non è andata in porto.
«I francesi pensavano più ad un’acquisizione che ad un matrimonio tra uguali».
E con Roma si è preferito mantenere l’«italianità» di Unicredit.
«La nostra è una banca europea. L’aggregazione con Capitalia rende certamente più italiana Unicredit: è nei fatti, si combinano due realtà che insistono nel territorio domestico. C’è anche da dire che di fronte ad un momento di forte consolidamento del settore bancario in tutta Europa, la mossa di Profumo ci ha portato avanti, ha anticipato le mosse di altri player. Inoltre quello italiano è un ottimo mercato nel panorama europeo, è tra i più appetibili. E la banca si è rafforzata creando una rete equilibrata in tutto il territorio nazionale. Si potrà contribuire così a migliorare il nostro business oltre alla qualità dei servizi ai clienti in generale e alle imprese in particolare».
Molte ricostruzioni giornalistiche vedono il peso e l’influenza della politica in questa aggregazione.
«La politica in operazioni di questo tipo non c’entra nulla. Nel senso che non è in grado di poter influenzare aggregazioni di queste dimensioni, che viaggiano su altri piani. Da un punto di vista di chi rappresenta il paese è ovvio che sia ben accetta un’operazione che rafforzi un grande attore europeo ma con forti basi in Italia, come Unicredit».
Unicredit e Capitalia insieme avranno un’influenza determinante su Mediobanca che a sua volta è snodo di una serie di partecipazioni fondamentali del nostro capitalismo, a partire da Generali.
«La misura della futura autonomia e indipendenza di Mediobanca è data e garantita dal fatto che la partecipazione congiunta di Unicredit e Capitalia verrà subito dimezzata e riportata al 9 per cento. In questo senso abbiamo già deliberato un mandato irrevocabile a Mediobanca».
E sulla presidenza di Geronzi.
«La decisione di nominare Geronzi presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca spetterà al patto di sindacato della banca. Per quanto ci compete pensiamo che la scelta di Geronzi sarebbe molto positiva per la sua esperienza e abilità».