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«Sono invidioso della nazionale»

Il pilota: «Marco è una persona speciale. Lui è un duro, ma anche un buono. Prima mi ha regalato la maglia poi mi ha dato la carica»

da Sachsenring

Si è emozionato Valentino Rossi quando il 9 luglio ha visto l’Italia trionfare a Berlino e conquistare il mondiale di calcio. Nel 1982, Valentino aveva tre anni e per lui il successo sulla Germania era soltanto una bella storia raccontata dagli amici più grandi di lui. La vittoria contro la Francia, però, l’ha vissuta in prima persona, con il coinvolgimento di ogni appassionato di calcio, ma la possibilità di celebrarla in modo speciale. È così che è nata l’idea di indossare sul podio la maglia azzurra in caso di vittoria al Sachsenring che, alla vigilia, prima di partire per la Germania, Rossi dava quasi per scontata.
«Ero un po’ invidioso della nazionale - scherza - del grande lavoro di tutti i giocatori, di Materazzi soprattutto, e volevo in qualche modo ricambiare questa grande soddisfazione che hanno regalato a tutta l’Italia. Qui ero sicuro di poter fare bene, così il lunedì dopo la finale ho chiamato Marco e gli ho chiesto la sua maglia per indossarla in caso di successo: me l’ha subito fatta avere a casa».
L’andamento delle prove, però, non è stato così positivo e l’undicesimo posto ha minato la sicurezza di Valentino, quasi convinto di non potercela fare a trionfare. «Sabato sera ero un po’ demoralizzato e così, assieme a Rino (il papà dell’inseparabile amico Uccio e presidente del Fans Club di Rossi, ndr) abbiamo deciso che l’impresa dell’Italia era stata così grande che avrei indossato la maglietta comunque, anche se fossi arrivato secondo o terzo. Dopo le prove Materazzi mi ha mandato un sms. Diceva: “Anche se non vinci siamo tutti con te“. È stato carino, mi ha dato la carica anche se, sinceramente, dubitavo della competitività della mia moto».
Poi il miracolo, la strepitosa rimonta dalla decima alla prima posizione, la difesa del comando dai duri attacchi di Melandri, Hayden e Pedrosa. Valentino non è tipo da festeggiare per un secondo posto, tanto che in passato non ha avuto timore a mettere nel cassetto un travestimento, una celebrazione preparata per un successo preventivato, ma poi sfumato.
Ecco quindi che, tra i tanti stimoli, Rossi aveva anche questo: rendere omaggio all’amico Materazzi, l’eroe di un mondiale vinto inaspettatamente. «Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato lui uno dei grandi protagonisti della cavalcata verso il titolo. Marco è un ragazzo speciale, uno che mi piace molto. Quando gli ho chiesto di mandarmi la maglia, lui mi ha detto che mi avrebbe dato quella della finale, ma l’ho sentito titubante. Giustamente, perché io non avrei mai rinunciato a un simile cimelio... Così gli ho detto che ero già contento se me ne avesse data una qualunque. Materazzi è uno forte: con i suoi figli è dolcissimo, li coccola molto; poi, in campo, è uno molto determinato e sportivamente cattivo. Mi piacciono davvero quel tipo di persone».
Probabilmente perché Valentino Rossi è così: allegro, gioviale, tenero, perfino coccolone fuori dalle piste, ma spietato quando è in sella alla sua moto. Un vero campione del mondo.

Come Materazzi.\

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