«Sono Robin Hood» Rapina una banca e dà i soldi alla gente

Il maresciallo, che pure è un tipo scafato, avvezzo ai colori aspri delle strade, stavolta strabuzza gli occhi. Confuso, persino un po’ irritato. «Ma lei chi è?». «Semplice, sono Robin Hood». Il dialogo surreale, potrebbe proseguire più o meno così: «Ma mi pigli per il cu... Scherziamo?». «No, davvero, chieda alla gente... Io rubo ai ricchi per dare ai poveri».
Chi dice che sia solo una leggenda? Robin delle foreste per un giorno, almeno per un attimo, è un ritorno al futuro. Quasi un millennio dopo, una storia che si legge ai bimbi pronta per essere di nuovo raccontata.
Così Rimini diventa Nottingham. Eccola coi suoi lampioni al posto degli alberi, gli impiegati di banca al posto dei nobili sfarzosi e i cavalli delle macchine a sostituire quelli veri. E poi lui, l’eroe del popolo, il giustiziere senza macchia. Chissà che il maresciallo mettendogli le manette non abbia provato qualche rimpianto.
Lui, quello a cui stava stringendo i ferri ai polsi, era quel tipo che dopo aver rapinato una banca se ne stava beatamente in mezzo alla strada distribuendo denaro ai passanti. Pezzi da cinquanta euro. Senza bisogno di chiedere. Una trovata pubblicitaria, una presa in giro, «saranno falsi», hanno pensato in molti. E qualcuno ha rifiutato.
Pasquale D’Angelo, 37 anni, in trasferta da Ginosa (Taranto) anziché arco e frecce, in tasca teneva una pistola. Finta, come si addice a un buono, o se preferite a un cattivo non abbastanza cattivo. Non avrebbe potuto trafiggere nemmeno la famosa mela con quell’arma, ma era bastata per farsi consegnare i soldi in cassa alla Bnl di via Pascoli.
Senza un frate Tuc come spalla, il nostro Robin si è dato coraggio scolandosi un Cointreau in un bar a pochi passi dall’obbiettivo. Erano appena le dieci del mattino. Quindi il colpo. Facile, pulito, indolore. Bottino, 3500 euro. Avrebbe potuto andarsene indisturbato, nonostante l’allarme. Invece no. Prima che i carabinieri lo bloccassero D’Angelo era riuscito a distribuire circa ottocento euro agli sbigottiti passanti che si trovavano non lontano dalla banca.
Davanti ai militari, altrettanto increduli, si è messo sull’attenti. Non avevano la faccia brutta dello sceriffo, eppoi lui aveva un passato da onorare: quello da incursore dell’esercito. Si è lasciato portar via docilmente, quasi lo volesse. Mentre qualcuno, a bassa voce, lo acclamava, come un eroe. Come in una favola di Natale, quando le fantasie per una notte diventano vere.
Sembra uscito da un film D’Angelo. Ora si scopre che già qualche giorno fa avesse messo a segno un’altra rapina. E che prima di andare ad autodenunciarsi avesse trovato il tempo di regalare il bottino ai barboni della stazione. I carabinieri, quando aveva confessato presentandosi spontaneamente, lo avevano solo denunciato, perché, per la burocrazia leguleia, mancava la flagranza di reato.
Il novello Robin oggi ci fa scrivere la sua storia.

Ed è come se avesse vinto la sua battaglia combattuta contro l’indifferenza.
Qualcuno vorrebbe internarlo, suggerendo un trattamento sanitario obbligatorio. Un po’ matto lo sarà davvero. Ma la sua storia ha il sapore di una fiaba. Dolce e buona. Che nemmeno un giudice dovrebbe rovinare.

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