Caro Sebastiano Rossi, cosa ci fa in vacanza di questi tempi?
«Semplicissimo: ho allenato per due anni tre portieri della primavera, poi sono passato allincarico di talent scout, adesso sono in attesa di comunicazioni, ma resto sotto contratto col Milan».
Dove si registra un gran ribollire di critiche, delusioni, lamenti e contestazioni tra i tifosi...
«Ne incontro anchio tanti e non conta tanto quel che mi chiedono e quel che commentano, conta quel che dico loro: amici miei, il Milan ha imboccato la strada giusta per costruire entro qualche anno un nuovo ciclo. Bisogna passare attraverso qualche sofferenza e luso di una virtù fondamentale, la pazienza, per ritrovarsi con la squadra vincente. Costruito lo zoccolo duro, si potranno inserire uno alla volta i fuoriclasse, quelli che fanno la differenza. Dai miei tempi a oggi, sono loro che hanno prodotto risultati eccellenti».
È la linea di Silvio Berlusconi, ci par di capire...
«E io lapprovo in modo convinto. Daltronde tutte le grandi squadre hanno questa caratteristica per durare nel tempo e non rappresentare una meteora. Non mi riferisco solo allattuale Barcellona oppure alla tecnica del Manchester United. Ricordo anche come nacque il Milan degli Invincibili di Fabio Capello per non tacere della Juve di Lippi».
Nel frattempo tra curva e società s'è realizzato uno strappo pericoloso.
«Non ne conosco i motivi e non voglio nemmeno approfondirli. Io parlo della mia esperienza personale: i ragazzi della curva, sono stati, per me, un doping straordinario. Riuscivano a darmi certezza, sicurezza a far dimenticare in fretta gli errori. Questa sintonia è molto importante e deve tornare perché è capace di capovolgere tante situazioni complicate».
Voi del Milan invincibile avete mai attraversato momenti così bui?
«Certo e labbiamo fatto attingendo allumiltà e alla coesione del gruppo alimentata da una voglia incredibile di lavorare, di sudare. Non cè altra medicina nel calcio: ci vuole dedizione assoluta, tutti i giorni».
Sarà stato prudente privarsi di Kakà puntando su Ronaldinho?
«Voglio azzardare un pronostico, amo il rischio: per me farà bene, lho capito dalle prime prove di questa stagione, ha la voglia giusta».
Penserà forse che funzioni il patto del tavolino?
«Capisco gli spiritosi in questo campo ma vorrei ricordare loro che, e qui parlo per esperienza diretta, il presidente Berlusconi non ha mai svolto molti interventi. Ma quei pochi, tutti mirati, hanno sempre prodotto risultati fantastici».
Nessun patto potrà invece risolvere il deficit del portiere: dai tempi di un certo Seba Rossi, il Milan non ne trova uno.
«Dida ha fatto miracoli per due anni di fila, poi ha avuto infortuni, Abbiati adesso è cresciuto in personalità e sicurezza ma è fermo per lo stesso motivo. Eppoi vorrei ricordare: un portiere, da solo, non può vincere. Ha bisogno di organizzazione, che ci si muova da squadra, oltre a mettere in vetrina le qualità più importanti che sono prevedere il pericolo, anticipare, conoscere come si muove il rivale».
La scuola italiana dei portieri sembra in crisi: cè un perché?
«A un certo punto dirigenti e tecnici hanno deciso di accorciare i tempi e di lanciare subito i giovanotti in serie A. Prima, da Albertosi a Walter Zenga, si saliva un gradino alla volta. E lungo la strada si accumulava l'esperienza che poi sarebbe servita per rendere non un anno o due ma un periodo lunghissimo, dieci anni. Come è successo a me. Arrivavo dalla primavera del Cesena con Arrigo Sacchi. Ora li bruciano».
Chi è il numero uno attualmente?
«Julio Cesar. È umile, determinato, continuo, mette pezze importanti».
Ce ne sarà uno buono per il Milan?
«Ho un nome pronto, ma lo tengo riservato».
Come uscirà il Milan dal tunnel della depressione?
«Partirà in ritardo, avrà qualche tormento da superare ma ce la farà. E vedrete che alla fine non deluderà: li conosco bene quelli di Milanello».
E Leonardo?
«È un ragazzo molto intelligente, ha ricevuto un incarico pieno di rischi ma ce la farà, ne sono sicuro».
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