Alessandro Valeri parla poco con i giornali. Anzi, il meno possibile: i suoi consigli li riserva ai propri clienti. La sua Sim, Intermonte, con il 10 per cento dei volumi intermediati in Italia, è leader del mercato istituzionale. Il suo stile è molto diretto e ci dice subito: «Sostengo una cosa opposta a ciò che oggi si legge ovunque, e cioè che l’euro non crollerà. Sono tutte balle. Siamo di fronte al massimo storico di scoperture sulla nostra moneta unica, ma si tratta di una forzatura».
La sua palla di vetro è forse diversa da quella che oggi ha chiunque su questo pianeta?
«Mi limito ad usare il buon senso, non più di quello. Si dice che la situazione dell’Europa sia disastrosa in termini di debito pubblico e deficit. Frottole, il nostro debito europeo è pari a quello inglese, inferiore a quello americano e un terzo di quello giapponese. E le dirò di più, il deficit americano e inglese corrono più di quello greco. Insomma, se dobbiamo guardare ai conti pubblici stiamo meglio delle altre aree del mondo occidentale».
Sì, ma l’economia reale da noi è asfittica, in America sembra riprendersi.
«È normale, grazie a miliardi di quattrini pubblici che Obama & co hanno immesso a pieno ritmo nell’economia che così si è drogata. Mentre noi tutto sommato tenevamo i conti sotto controllo. E poi la festa è finita: con la svalutazione dell’euro pari a circa un 15 per cento in un anno, vedrà come inizieremo a tirare su le nostre esportazioni e dunque a riprendere terreno».
Ma l’America non ha la Grecia.
«Falso, ha la California. Che è molto peggio. È un’economia decisamente più grossa di quella greca e ha un indebitamento e un deficit da far paura. Eppure nessuno profetizza il baratro del dollaro a causa dei debiti californiani».
Non mi dirà che c’è un grande complotto?
«Uso il buon senso, come le ho detto. C’è il combinato disposto delle agenzie di rating americanocentriche che assomigliano sempre di più agli specialisti in autopsie e qualche giornale finanziario internazionale che sta indugiando un po’ troppo sulla crisi del Pigs, facendo da sponda a grandi hedge fund».
E come ne usciamo, l’euro continua a traballare.
«Se ne esce nell’unico modo possibile e cioè monetizzandolo. Stampando euro. Bisogna guardare una valuta in relazione alle altre. L’euro ha un’economia reale e pubblica migliore o almeno simile a quella degli altri grandi blocchi occidentali. E la Bce ha abbandonato la sua filosofia rigorista di guardare solo all’inflazione. Con la decisione dei giorni scorsi si è varcato il confine. I meccanismi sono sofisticati, si possono immaginare i termini più complicati, ma quando una Banca centrale compra titoli di Stato pubblici, non fa altro che monetizzare il debito».
Un bel problema per i mercati finanziari.
«L’unica vera protezione per evitare l’erosione monetaria nel lungo periodo è comprare beni reali: dall’oro agli immobili. Un tempo i tedeschi si fidavano più del marco che della casa. Non sarà più così».
E riguardo alle valute che previsioni fa?
«Le ho già detto che non sono pessimista sull’euro, non è ovvio che sprofondi a quota 1 contro il dollaro come tutte le cassandre prevedono. Sono inoltre convinto che alcune valute che rappresentano economie fortissime saranno ancora in grado di tenere botta: la corona norvegese, il real brasiliano e il dollaro australiano. Il franco svizzero pure, ma ce ne sono pochi, è come il Gronchi Rosa».
Bisonga stare alla larga dalla Borsa?
«C’è una volatilità fortissima e dunque occorre fare attenzione. Ma con un debito pubblico che verrà parzialmente prima o poi monetizzato sono meglio le azioni delle obbligazioni, perché proteggono meglio dall’inflazione. Anche se questo discorso per il nostro listino fatto per il 30% da finanziari non vale molto. Andrei piuttosto su aziende industriali, con forte vocazione all’export».
Qualche nome?
«Pirelli, Luxottica, Saipem, Campari e Autogrill, solo per fare qualche nome conosciuto. Sono quotate in Italia, ma in realtà sono già aziende globali. Oltre ovviamente alle grosse aziende esportatrici tedesche».
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