Barbara Catellani
Aida: figlia devota e ardente amante, animo straziato dal conflitto ineluttabile tra sangue e cuore, tra indissolubile legame alla stirpe e passione sofferta, prevaricante, simbolo universale di amore sublimato nel sacrificio e nell'eternità. Amneris, figura altrettanto profonda, intensamente umana, dominata da una passionalità bruciante, indomabile e da una gelosia impietosa e lacerante. «Aida» è davvero imponente capolavoro di scandaglio psicologico, fine cesello che mette a nudo i moti interiori, i sentimenti più nascosti e repressi; tragedia interamente femminile, giocata sullo scontro fra due rivali che donne sono fino al più recondito recesso della propria intimità. Tripudio smisurato di affetti, dunque, ma anche di vistosi effetti.
E gli effetti Zeffirelli li ha donati davvero alla «sua» opera per Savona - in coproduzione dal Teatro dell'Opera Giocosa e dalla Fondazione Toscanini - che ha siglato una stupefacente inaugurazione, o meglio rinascita, del Teatro Chiabrera, tornato così al suo affezionatissimo pubblico dopo quattro anni di silenzio forzato. Scenografia magniloquente, sontuosa, degna di un «Grand Opera» di stile, costumi preziosi e sgargianti, contrasto di veli e stoffe dai colori di fuoco, incensi inebrianti e danze raffinate. Una sontuosa cornice ai drammi dei protagonisti, drammi che si intrecciano, si legano, lottano, si sciolgono infine nella morte, reale o interiore che sia, lasciando un' ineffabile vacuità, un paralizzante sbigottimento. Grandi personaggi, figure create magistralmente, osservate e violentate nei meandri della psiche; necessaria una grande personalità e presenza scenica, che non è stata però resa appieno dagli interpreti, nonostante le trapelanti intenzioni.
Voci molto belle, specialmente quelle maschili, ma spesso insufficienti e vagamente sforzate, a tratti troppo gridate, che hanno sfregiato in parte l'intensità drammatica contenuta nel denso fraseggio verdiano e la sua intimità sottile. La bacchetta di Stefanelli non è stata rigorosamente osservata, ma buona nel complesso la direzione, che ha regalato attimi di fine musicalità, buono il coro, un tantino imprecisa e flebile l'orchestra, anche se nel complesso ha sostenuto dignitosamente i cantanti.
Lo spettacolo è stato comunque accolto con entusiasmo dal pubblico e forte, immancabilmente, si è rivelato il coinvolgimento per questo intramontabile simbolo del melodramma italiano, che penetra nelle viscere, turba e trafigge. Sempre.
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