Le banche minacciano di sfilare Sorgenia dalle mani della famiglia De Benedetti, che la controlla attraverso le holding Cir-Cofide. La linea dura, pur tra qualche divergenza di vedute tra «falchi» e «colombe», sarebbe stata decisa ieri mattina in un vertice telefonico tra i numeri uno degli istituti creditori, in preparazione del summit che la prossima settimana vedrà al tavolo anche l'ad del gruppo energetico Andrea Mangoni e Rodolfo De Benedetti, che segue le trattative come presidente di Cir. L'incontro è previsto per lunedì, mentre il board di Sorgenia è in scaletta il 5 marzo.
Con questa prova muscolare, le banche puntano a costringere Cir (e quindi in ultima analisi i De Benedetti) a spingere la propria disponibilità a ricapitalizzare la controllata energetica almeno fino a 150 milioni (contro i 100 finora ventilati). Per il resto, stante che a Sorgenia servono 600 milioni, 300 sarebbero oggetto della conversione in azioni, mentre gli ultimi 150 sarebbero tramutati in un bond convertendo a media-lunga scadenza.
In caso contrario, le banche potrebbero invece o abbandonare Sorgenia al proprio destino (che è gravata da 1,8 miliardi di debiti) o convertire l'intera esposizione. Prendendo quindi, come è accaduto per Risanamento, definitivamente le chiavi dell'azienda energetica nata nel '99 da un'idea di Carlo De Benedetti e poi passata ai figli.
Se sarà trovata l'intesa, il nuovo consiglio di amministrazione in cui prenderebbero posto anche le banche, procederebbe invece con le necessarie dismissioni per recuperare l'esposizione: tra gli asset c'è anche il 39% dell'ex genco Tirreno Power, condivisa con la francese Gdf-Suez.
Nella partita sono coinvolte Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare, Ubi Banca, Bipiemme e Monte Paschi, l'istituto senese è quello maggiormente esposto verso Sorgenia (600 milioni) e, quindi, ha bisogno di scongiurare il peggio.
Quello che è certo è che Sorgenia, dopo aver sostanzialmente perduto l'alleato industriale Verbund e subito il blocco delle linee di credito, ha un'autonomia limitata, quantificata la scorsa settimana in poco più di un mese. Verbund, che dal 2012 ha prima ridotto e poi azzerato il valore del proprio 45% di Sorgenia, non è infatti disposto ad aprire ulteriormente il portafoglio.
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