Il sorpasso delle Veline a colpi di malizia

Settimana memorabile. Non tanto per Alitalia. Piuttosto per miss Italia e roba del genere. Controllate il tabellone dei programmi tivvù: semifinali di Veline, rullaggio dell’Isola dei famosi, finalissima della di cui sopra miss Italia. Una sfilata da far perdere il sonno, il fiato, gli occhi e altro, a mezzo Paese, stando ai dati di ascolto. Bellezze di vario tipo, giovanissime, pupe, femmine, belle, bone; a differenza dell’aritmetica, cambiando l’ordine del canale televisivo cambia anche il prodotto, o quasi. La storiella della ragazza della porta accanto resiste minuti due, anche perché non ci sono più le porte di una volta e soprattutto bisogna stare attenti ai vicini di casa, di qualunque sesso. Di certo da Mirigliani Enzo & famiglia a Ricci Antonio, un uomo solo al comando, il passo non è poi così lungo, l’unione fa l’auditel, Veline e Miss Italia riescono a raggrumare, davanti ai televisori, famiglie, giovani, anziani, militari, guardoni e intellettuali, il meeting può durare mezzora come tutta una settimana. Trattasi dunque di fenomeno sociale, ognuno è libero di considerarne la cifra, la dimensione, la cilindrata, non più le misure, perché grazie a Maurizio Costanzo le suddette sono state abolite, è finito l’incubo del novantasessantanovanta come patente a punti per l’iscrizione al concorso, libere tutte di allargarsi o restringersi, si potrebbe definire la vera scelta «di vita». Non dovete nemmeno credere ai contemporanei noiosi sacerdoti della critica televisiva: la storia delle sfilate registra giurati del tipo Zavattini, De Chirico, Visconti, De Sica, Gatto, Repaci, Vergani, Marotta (ma uno dei giudicanti osò definire Sofia Scicolone poi Loren «una spilungona male impostata!»). Così come nel ventennio velinaro sono passati ospiti di lusso, markettari per necessità, dovendo illustrare, in orario fantastico per gli ascolti, dunque per il mercato delle vendite, libri, film, fiction e merce simile. Eppoi l’arco di mezzo secolo si era aperto con le nozze Edy Campagnoli-Lorenzo Buffon e si è chiuso con oggi sposi Ilary Blasi-Francesco Totti, dunque nulla è successo.
Ma il derby dell’ombelico, da Salsomaggiore a Segrate, è in fondo finto, taroccato, astutamente spacciato come opposto estremismo dell’arte della seduzione. Non è vero niente. Se il contenitore è diverso il contenuto, in senso buono, è analogo, uguale, identico. La ragazza oggetto, mostrata, esposta, esibita, facendo appunto credere che da qui, alla voce miss Italia, finiscano in passerella soltanto le mammolette acqua e sapone, costume da bagno tuttunpezzo, datato Anni Cinquanta, guardo ma non guardo, proibito ancheggiare, vietate le ambiguità, il testosterone resta sotto la minima quantità, il lato B è per i dischi in vinile, qui al massimo l’inquadratura del cameraman parte dal casello di Parma ovest, poi una lacrima sul viso, un bacio a papà, la carezza della mamma, un saluto al moroso; mentre il paese mormora che di là, in casa del diavolo di Albenga, sgambettino le figlie delle signorine fast food, quelle che dovevano chiamarsi «Espresso» e «Panorama» ma in una parola sola hanno riassunto le copertine, insomma le perverse, in pantaloncino da apnea inguinale, quasi perizoma, scollatura balconcino con condono, maligna strizzatina d’occhio, appuntamento previsto a telecamera spenta con il calciatore dotato di torace a tartaruga, dunque le «ah bella de mamma!» contro le «a’bbonazza», appunto, senza un passato glorioso, con un presente borioso e con un futuro anteriore. Il totale conferma che, dopo cena, se non c’è il pallone qualcosa di rotondo e di eccitante può servire a tenere unito questo bel paese, sempre che qualcuno non preferisca stimolarsi con gli infedeli, i ballarò, i portaaporta, godendo tra mister Italia e veline di altro tipo, ritenendosi superiore a certi miserabili mercati della carne femminile, non sapendo che un giorno, a una commessa che vendeva cioccolatini e marrons glacès in un negozio del centro di Milano, via Victor Hugo per la precisione, un cliente suggerì di presentarsi al concorso per la più bella della nazione. La ragazza lasciò il boero al rhum e venne eletta miss Italia. Si chiamava e si chiama Lucia Bosè. Obiezioni? Controindicazioni?
Tra qualche minuto, tra qualche giorno avremo le prime sentenze, chi sarà la reginetta tricolore, incoronata, piangente come una madonna e chi la prossima guascona, sculettante ballerina dell’ora di cena. Il corpo è stato sdoganato, l’uomo malandrino osserva, le donne in tivvù si sono date una mossa, anche più di una.

Verrà anche il tempo delle letterine, delle letteronze, delle schedine, delle ereditiere, tutte in doverosa e riverente memoria delle vallette, Giovannini, Campagnoli, Ciuffini, Manfrin, le madri, silenziose, immobili, pudiche, di tutte le buste di Mike Bongiorno.

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