Roma - Infinita attesa e gran bivacco di deputati tra cortile e corridoi, molti caffè alla buvette per sopportare il peso dei calcoli aritmetici. Più che alla Camera pare di essere alla ricevitoria del Lotto: 314, 316, 320, sì ma 3 in meno del previsto, però più 2 del Mpa... Nel discorso di Berlusconi del mattino si celebra la surrealtà, con i nemici, quelli che poi applaudiranno a chi lo attacca, che fanno ressa per salutarlo, stringergli la mano. Si nota un Enrico Letta che staziona «mezz’ora» (è la stima di un suo collega del Pd) appoggiato a al banco del governo, pur di un fugace tête-à-tête con Berlusconi. Sarà per gli auguri di compleanno a Silvio? Difficile. Anche se la coincidenza tra la fiducia al governo e le felicitazioni per il genetliaco del presidente si mescolano imprevedibilmente. Può succedere per esempio che il Cav chiacchieri scherzosamente anche col capogruppo dell’Idv, Donadi, e che gli confessi apertamente di non capire tanto accanimento contro la sua persona, perché «davvero pensate che io sia così cattivo? Ma guardate che sono buono, anche troppo, mia mamma me lo diceva fin da piccolo che dovevo incattivirmi un po’...». L’unica certezza di intesa tra i due si sintetizza nella conclusione del breve duetto, parola di Berlusconi, «sto passando un compleanno di m....». Sempre in tema anniversario, dalla Lega si stringono calorosamente attorno al festeggiato del giorno: Stefano Stefani, presidente Commissione esteri, che condivide il giorno di nascita con il Cav, e pure con Angelo Alessandri, deputato leghista-emiliano. Bossi si palesa la mattina e dice qualcosa nell’orecchio a Tremonti, che scoppia a ridere, fin quasi alle lacrime. Dietro di loro Calderoli condivide il buonumore per la battuta del capo, sul cui contenuto rimane il segreto. La tensione c’è, ma in fondo è roba che c’è da qualche mese, niente di nuovo. È anche tempo di aperture, confessioni, cuori squadernati. Casini interviene duramente in Aula, ma poi si intenerisce: «Lei lo sa presidente, io le voglio bene». In mattinata non era sfuggito ai presenti il calore con cui Casini aveva salutato il premier. Aria di casa (delle libertà)? Chi può dirlo. Per ora si duella, e siccome Berlusconi vede l’Udc come il figliol prodigo, scrive a Cicchitto un «pizzino»: «Ricorda a Casini che 35 cose le abbiamo fatte (35 fiducie)».
È il giorno del governo, ma tutte le parole (anche irriferibili) sono per i cosiddetti futuristi di Fini. Granata si aggira nervosamente, vestito in stile Iene (completo nero con camicia bianca), con sneakers anche nere. Urso fa meno il gruppettaro, mentre Bocchino è il capetto (del gruppetto). Si osserva un dialogo abbastanza teso tra Fini e Consolo, una delle sue colombe. Quelli della Lega invece hanno un unico mantra: noi votiamo, ma ormai la corda è consumata. «Noi siamo ai posti di combattimento, pronti alle elezioni» sussurra Raffaele Volpi, deputato della Lega che per l’occasione non indossa né cravatte né pochette verdi, ma un panciotto crema e una cravatta sul rosa. «Sono vestito per un battesimo, o per un funerale...», scherza, e il rosa? «Per fare da pontiere con Fini, che ha sempre le cravatte di quel colore...». I leghisti nel cortile di Montecitorio guardano storto i capannelli che nascono spontanei tra quelli di Noi Sud, Scanderebech e due dei liberaldemocratici che parlottanno con pezzi da novanta dell’Udc. In fondo è il giorno glorioso del Misto, la trentacinquina di deputati lì approdati per varie e diverse vicissitudini, e che dopo due anni di invisibilità sono diventati indispensabili.
L’agitazione, man mano che le ore scorrono e si avvicina la prova della fiducia, si fa sentire tra le pidielline più glamour, un gruppo griffatissimo che anche in aula si muove molto. Si muove anche la Giulia Bongiorno, finiana di ferro, che - forse distratta dal cellulare - imbocca il corridoio che porta ai banchi del Pdl berlusconiano. Opps, lei è in quello dopo, vicino a Barbareschi, anche lui presissimo dal pc portatile. Un altro deputato, stavolta qualche fila dietro Cicchitto, mentre il capogruppo interviene è assorto nella contemplazione di foto digitali di genere familiare, con bambini. Sempre da quelle parti rimbomba uno strepito (forse di piedi) quando Bersani interviene.
Nel Pd, peraltro, le divisioni interne sono visibili. Fassino siede da solo, come in castigo, e quando parla Berlusconi protesta ad alta voce più volte. Giachetti invece, quando parla la Bindi, lascia l’aula. Alla faccia della responsabilità nazionale, sono tutti contro tutti: l’Udc contro i suoi transfughi e contro il Cav che glielo ricorda, il Pdl con Fli, il Pd con se stesso. Ma è anche la giornata delle scoperte. Si impara che Pionati parla al plurale anche se è l’unico deputato del suo partito.
Sorrisi, auguri e veleni. Berlusconi: "Che compleanno di m..."
Enrico Letta, Donadi e Casini affettuosi con il Cav prima del dibattito. Barbareschi al pc, Fassino solitario. Pionati usa il plurale maiestatis. Il "pizzino" del premier a Cicchitto, la cravatta rosa delle "colombe". E un pidiellino sfoglia fotografie
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