La sosia di Veronica e la carica dei laureati

Bella come Veronica Ciardi, «pantera» dell'ultima edizione del «Grande Fratello», di cui sembra la sosia genovese in versione edulcorata. Giovane come i suoi 23 anni d'età nonostante la già lunga gavetta alle spalle, vista la laurea con voti eccellenti in diritto d'impresa e le esperienze professionali accumulate, tra corsi di portamento, selezioni di Miss Italia, stage in studi legali e chi più ne ha più ne metta. Oggi, attraverso la storia di Mariana Rappa, vogliamo raccontare il disagio dei giovani che, usciti dall'Università con mille sogni e altrettante buone intenzioni, finiscono per entrare nell'interminabile vortice delle collaborazioni precarie, delle false promesse, dell'assenza di prospettive, in una parola, di quell’amaro disincanto che conduce inevitabilmente alla fuga dalla città.
Negli ultimi mesi su queste pagine ci siamo occupati, con l'ottimismo di sempre, di storie di ex «cervelli in fuga» che hanno scelto di ritornare sotto la Lanterna, sfidandone le tante difficoltà e contraddizioni, per scommettere su progetti innovativi. Valeria De Simone, giovanissima critica d'arte allieva del maestro torinese Luca Beatrice, ha aperto una Galleria d'arte contemporanea nei carruggi. Pino Repetto, manager internazionale, ha trasformato la sua casa nel centro cittadino in un laboratorio di scrittura creativa, editando libri per bambini e ragazzi, fra cui l'ultima fortunatissima «Alice nel paese delle meraviglie» in salsa cosplayer.
Mariana Rappa ha lo stesso carattere e la stessa determinazione di questi talenti suoi concittadini e di molti altri suoi coetanei, e riflette sul perché invece la strada più semplice, spesso inevitabile, sia istintivamente quella di dover emigrare altrove, o rassegnarsi alla condizione di eterno co.co.co, insomma, di talento sfruttato e, nei casi peggiori, frustrato. Mariana, di che cosa ti occupi a pochi mesi dal «traguardo» accademico? «Collaboro con una società di nome Teknit, che ha sede a Sestri Ponente ed è specializzata nel campo dell'hi-tech. Ma, trattandosi di una piccola impresa che, nonostante la sua eccellenza, risente della crisi molto più delle grandi aziende, il futuro è assai incerto». Rapido controllo. La Teknit è amministrata dall'imprenditore genovese Walter Pilloni, guru del progetto Ecomission, tra i primi importatori in Italia di tecnologie e mezzi ecosostenibili come i noti scooter elettrici, uno degli alfieri delle Pmi liguri, uno di quelli che scommette sui giovani ma, poiché la crisi morde la grande azienda che scarica la piccola, è a sua volta e suo malgrado costretto a scaricare o a non poter investire sulle nuove leve. Ma non è, signorina, che la sua denuncia circa le difficoltà che incontrano i giovani di oggi nel costruire il proprio avvenire, sia in realtà un pretesto per finire in vetrina? Insomma, lei, data la grinta, non è certo una bambocciona, però forse desidera salire sul carro delle aspiranti veline. «Assolutamente no, con tutto il rispetto per le veline. Certo, essendo appassionata di comunicazione, mi piacerebbe anche lavorare in tv, magari come giornalista o conduttrice, o in qualche agenzia di pubbliche relazioni. Ma quello che cerco io è un lavoro serio e onesto, che mi dia la possibilità di meritare una carriera e di mettere a frutto quello che ritengo essere il mio talento. Mi mortifica l'idea di dover limitarmi a sfruttare la mia bellezza esteriore o la somiglianza con qualche avvenente stellina del piccolo schermo». E invece? «E invece, continuo ad inviare centinaia di curriculum urbi et orbi e la risposta, le rare volte che c'è una risposta, è sempre la stessa: ci dispiace, terremo conto della sua richiesta, ma al momento bla bla bla. Oppure ricevi proposte per infiniti stage, senza l'ombra di una prospettiva e di uno sbocco concreto». Del resto, i dati sulla condizione occupazionale post laurea relativa all'Università di Genova parlano chiaro.

Ad un anno di distanza dal titolo conseguito, il 43% dei neodottori non lavora. «Spero che il Giornale possa raccogliere testimonianze come la mia per incoraggiare un dibattito. Non voglio arrendermi all'idea di dover lasciare Genova, non voglio credere che la mia è una generazione senza futuro».

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