«Accusarmi di aver partecipato al massacro non è una leggerezza della difesa, ma una crudeltà non solo nei miei confronti ma soprattutto delle vittime e di tutti i loro familiari». A dirlo è Pietro Castagna che nella strage di Erba perse la sorella Raffaella, la mamma Paola Galli e il nipotino Youssuf, accusato dal collegio difensivo di Olindo Romano e Rosa Angela Bazzi di essere direttamente coinvolto nelleccidio. Le accuse nei confronti di Pietro Castagna si basano su due punti: la testimonianza del tunisino Ben Brahim Chemcoum che alcuni giorni dopo la strage andò dai carabinieri per dire di aver visto tre uomini allontanarsi frettolosamente da via Diaz: due tunisini e un italiano, ovvero - disse - «il fratello della morta» dando una descrizione che riportava a Pietro Castagna. Testimonianza che non fu presa in considerazione ritenendo Chemcoum personaggio «noto e non credibile». Il secondo elemento usato dal collegio difensivo per puntare il dito contro Pietro Castagna è una iniziale contraddizione nei racconti fatti in quelle ore da Carlo Castagna e dallo stesso Pietro: lanziano mobiliere disse che la sera della strage Pietro rientrò a casa attorno alle 22 con la Panda nera della madre, mentre il figlio disse di aver dormito.
Questa contraddizione non sfuggì agli investigatori che decisero di metterli sotto controllo con varie intercettazioni dalle quali emerse solo la disperazione di chi aveva perso i familiari. «Posso capire che tutti gli appigli possano essere buoni per difendere due imputati ma con queste modalità è crudele e irrispettoso per le vittime e i familiari» ripete Pietro Castagna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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