Sotto la pelliccia tutto: è la Francia degli anni ’70

La morte misteriosa di una simpatica arrampicatrice sociale che ha voluto diventare scrittrice

I personaggi: Gianni Agnelli e Madame Claude, Romain Gary e Jean-Paul Sartre, Wallis Simpson, duchessa di Windsor, e Valéry Giscard d’Estaing, presidente della Francia. Lo sfondo: Parigi dal 1970 a oggi, evocata nel romanzo della nostra Adélaïde de Clermont- Tonnerre, Fourrure (Stock, www.stock.fr, pagg. 574, euro 32), cioè «Pelliccia». La pelliccia è il visone di Zita, simpatica arrampicatrice sociale assurtaascrittrice, la cui autobiografia, postuma e inedita, rivela alla figlia che «il solo modo di conoscere l’amoreincondizionatononè aspettarselo,è darlo». Ecco un brano del romanzo. 

di Adélaïde de Clermont-Tonnerre 

Fu a Nizza, dai giornali esposti all’edicola di boulevard Pierre-Semard, che Ondine apprese la morte della madre. Rari scrittori se ne vanno facendo un po’ di rumore, Zita Chalitzine era morta com’era vissuta, al centro dell’attenzione. Innanzitutto lo scandalo che l’aveva coinvolta imperversava sulla stampa da una settimana; poi, due giorni prima che scoppiasse quel caso di frode letteraria, lei aveva sposato un uomo di vent’anni più giovane; infine c’era stata la fine prematura. Il cadavere era stato trovato il 6 dicembre 2006 in rue de Paris, nel comune dei Lilas, sul sedile posteriore della sua Mercedes. Visone bianco, tailleur-pantalone di Yves Saint Laurent chiaro, camicetta di seta, era avvolta in una coperta di cashmere marrone: in extremis aveva cercato tenerezza. Per il medico legale, a ucciderla quattro giorni prima era stata una miscela di farmaci e alcol.
I poliziotti estrassero Zita Chalitzine senza riconoscerla: fuori dalla Repubblica di Saint-Germain-des-Prés, chi riconosce uno scrittore? Pensarono solo: «Cinquantenne già bella». Bella era ancora una settimana prima, ma in quelle circostanze Zita non era certo al meglio. Ci volle tempo per identificarla, infatti non aveva borsetta, né documenti. «Tipico di mia madre uscire senza nulla in tasca», pensò Ondine, quando conobbe le circostanze del decesso. Nel visone della defunta, la polizia trovò il telefonino, scarico. Nel commissariato non c’era un caricatore compatibile, così la scheda fu passata su un altro telefonino. Nella lista dei «preferiti», cinque nomi: «Scema 1», «Scema 2», «Usuraio», «Sfruttatore» e «Pierre». Che parve la scelta più indicata.
Anime gentili, gli inquirenti incaricarono la centralinista, pensando che una voce femminile alleviasse sapere del lutto. Cuore grande come il giro di petto, la brava signora li guardò grave e risoluta, poi fece il numero del suddetto Pierre. Aveva appena detto: «Pierre?», che fu coperta di improperi: «Perché sei sparita? All’indomani delle nozze, poi! Al primo giorno di convivenza! Una settimana senza notizie: nulla! Basta con quei capricci grotteschi! Vuoi smetterla di rovinare tutto? Da cinque anni mi rovini la vita. Cinque anni! Dovrei divorziare...». E l’uomo riattaccò. La donna restò qualche secondo a bocca aperta, col telefonino in mano. Poi lo posò con gesto rabbioso, senza dar spiegazioni per i colleghi che la guardavano perplessi. Quindi prese il telefono del commissariato e richiamò Pierre. Ancor prima che lui dicesse «Pronto!», lei urlò: «Mi lasci parlare: sua moglie è morta! Zita è morta!». Bel riguardo per l’interlocutore! Il vice-commissario le strappò la cornetta, declinò nome e grado, confermò la notizia a Pierre, gli fece le condoglianze e gli diede l’indirizzo del commissariato. Infine attaccò, dicendo ai presenti: «Era sconvolto».
Il modo in cui venne a sapere Ondine, che con la madre non parlava da quasi dieci anni, non fu più gradevole. Pierre ne aveva visto il nome su Internet, su una ricerca intitolata «Razza-manta: cure e apporti nutritivi in cattività»; sì, l’aveva chiamata all’Acquario del Principato di Monaco, ma alla ragazza non era stato rinnovato il contratto e lei era disoccupata da sei mesi.

Tornata a Nizza dalla nonna, Ondine disperava di trovare un lavoro e passava le giornate vagando per le strade o facendo sport nell’impianto comunale. Non comprava i giornali, ma da giorni scrutava quelli esposti dalle edicole, cercando novità sul caso. Zita Chalitzine era pur sempre sua madre.
(Traduzione di Maurizio Cabona)

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