Cronache

Il sottotetto ha un padrone

La discussione verte fra utilizzo comune e funzione protettiva

Pier Paolo Capponi

A Genova, come in ogni città, gli edifici terminano nella loro sommità o con un tetto piano (lastrico solare) o con uno a falde inclinate. Quando è a falde inclinate, tra il soffitto degli appartamenti dell'ultimo piano e la parte inferiore del tetto viene a crearsi uno spazio vuoto: il cosidetto sottotetto. E poichè gli immobili hanno oggi costi medi che oscillano tra i mille ed i 10mila euro al metro quadrato si capisce bene come anche la proprietà di questo vuoto, e cioè del sottotetto, sia diventata ambita e, di conseguenza, anche riguardo ad essa si sia assistito a un proliferare di controversie.
La relativa giurisprudenza si è, negli anni, consolidata tanto che possono dirsi oggi esistenti alcuni principi certi e indiscutibili.
1) Il sottotetto non è compreso nell'elencazione delle cose comuni (art. 1117 c.c.), per cui non può valere alcuna presunzione di proprietà comune in capo ai condomini dell'edificio. E invero, mentre la norma predetta comprende i tetti e i lastrici solari nulla dice riguardo ai sottotetti. Va peraltro osservato che il n. 2 dello stesso articolo considera comuni, tra le altre cose, «i locali per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune» con la conseguenza che, nel caso in cui il sottotetto venga, o possa venire, usato come stenditoio o per un altro servizio comune (deposito, etc.) esso può presumersi comune. Con una eccezione però: che, come ha cura di precisare lo stesso art. 1117, «il contrario non risulti dal titolo». E cioè che qualcuno non sia in possesso di un atto di acquisto che dimostri la sua esclusiva proprietà del sottotetto, o che tale esclusiva proprietà non risulti dal regolamento di condominio di origine contrattuale.
2) A fronte del fatto che, per quanto sopra visto, non esiste nel nostro diritto una presunzione di proprietà comune a tutti i condomini del sottotetto, la giurisprudenza è giunta alle seguenti due ulteriori considerazioni:
La prima: «Il sottotetto di un condominio, non essendo incluso tra le parti comuni indicate nell'art. 1117, non costituisce - in difetto di elementi contrari desumibili dal titolo - oggetto di comunione e, poiché esso, di regola, assolve una funzione isolante e protettiva del piano più elevato, di questo costituisce normale pertinenza, qualora non se ne sia dimostrata una destinazione diversa». Quando il sottotetto assolve esclusivamente tale funzione mediante la creazione di una camera d'aria e/o intercapedine coibente, esso può perciò essere considerato pertinenziale agli appartamenti dell'ultimo piano e perciò esso è di proprietà dei titolari degli appartamenti stessi.
La seconda riguarda il caso in cui «le caratteristiche, dimensioni e funzioni del sottotetto evidenziano l'utilizzazione o anche la sola utilizzabilità del medesimo da parte di tutti i condomini», esso, salvo risulti il contrario dal titolo, deve presumersi rientrante tra le parti comuni dell'edificio in ragione dell'oggettiva destinazione all'uso e al godimento collettivi. Se il sottotetto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulta, sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato all'uso comune o all'esercizio di un utilizzo di un servizio di interesse comune (stenditoio, deposito, etc.) esso deve perciò considerarsi di proprietà comune. Sarà allora importante verificare le sue dimensioni e le caratteristiche strutturali, così come se esso, per ipotesi, «sia dotato di una comunicazione diretta con il vano scala o se, di nuovo per ipotesi, sia dotato di un lucernaio per l'accesso al tetto comune».
3) Quanto alla utilizzazione del sottotetto: «il proprietario può aprire nel tetto abbaini per dare aria e luce ai locali sottostanti quando l'abbaino sia costruito a regola d'arte e non pregiudichi la funzione di copertura del tetto, né leda altrimenti il diritto degli altri condomini, in quanto l'esercizio di tale facoltà rientra nelle modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, previste dall'art. 1102 c.c., che il proprietario del sottotetto può realizzare senza bisogno del consenso della maggioranza dei condomini».


4) Un ultima osservazione va fatta riguardo alla legittimazione passiva dell'amministratore in ordine alla lite giudiziale introdotta da un condomino che chiede che venga accertata la sua proprietà esclusiva del sottotetto: in questo caso, poichè la causa riguarda l'estensione del diritto dei singoli condomini in dipendenza dei rispettivi acquisti, la domanda non va rivolta all'amministratore ma a tutti i condomini.

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