Mentre i «Signori del rating» mettono sempre più allangolo Fonsai (Standard & Poors ha declassato il rating a lungo termine da BB+ a B a causa dellacuirsi dei problemi finanziari della compagnia), il direttore generale Piergiorgio Peluso prosegue la manovra congiunta con Mediobanca e Unicredit per il rilancio-salvataggio del gruppo, oggi controllato dalla famiglia Ligresti. Severa anche Fitch che, pur confermando il rating , ha posto Fonsai (-2,8% a 0,59 euro in Borsa) e la controllata Milano Assicurazioni (-4,9%) in credit watch negativo; altra caduta verticale per la holding Premafin (-8,6%).
Laumento di capitale, cui lIsvap ha chiesto di provvedere subito dopo che la drastica pulizia di bilancio ha ridotto in macerie il margine si solvibilità, sarà sul tavolo del cda di Fonsai il 27 gennaio, così da completare il passaggio in assemblea a fine febbraio: il solvency ratio, malgrado laiuto sui Btp assicurato del decreto «Milleroproghe», è ora al 90%, dieci punti base meno del minimo di legge. «La compagnia piace. Gli advisor sono allavoro, cè interesse da diverse parti», ha comunque assicurato Paolo Ligresti al termine del board di ieri. La ricapitalizzazione, concepita con una struttura a fisarmonica tra i 600 e i 750 milioni, farà riguadagnare al gruppo quota 120% centrando, al contempo, lobiettivo delle banche creditrici di porre termine alla gestione Ligresti. Lo schema allo studio prevede lingresso di un socio industriale (come Unipol o Zurich) in Fonsai e di un soggetto finanziario nella holding Premafin, destinato a divenire, probabilmente tramite un aumento di capitale dedicato, il nuovo baricentro del gruppo al posto dei Ligresti. In questo modo Premafin avrebbe le risorse per contenere una diluizione in Fonsai altrimenti dirompente (si stima dal 35% al 7-8%), limitando così il pericolo di una scalata ostile. I contatti con Banca Leonardo, consulente dei Ligresti, sarebbero iniziati, ma la strada è in salita e di certo non aiuta il fatto che il 20% di Premafin sia nelle mani di soci occulti, nascosti dietro gli schermi dei paradisi fiscali.
Messa allangolo Consob, il trust Ever Green, che era stato scoperto possedere il 7,8% di Premafin, ha svelato di agire per «conto terzi». Dal trust, che a dispetto di quanto detto, è regolato dalla legge delle Bahamas come «The Heritage» (cui fa capo un altro 12%), si dipana una catena di società offshore dove è spezzettata la quota Premafin. Nel novero non mancano le «anstalt», la figura societaria del Liechtenstein che assegna personalità giuridica a un patrimonio senza che esistano soci, alcune delle quali hanno lo stesso domicilio fiscale a Vaduz di quelle di The Heritage.
Oggi la Consob dovrebbe ottenere una maggiore chiarezza, anche dal punto di vista temporale, su un intreccio delicatissimo: i segugi della Commissione sono infatti giunti ai Caraibi seguendo le orme del 9,5% di Premafin, prima detenuto per conto terzi dal Crédit Agricole Suisse; tale quota è stata da sempre attribuita dal mercato alla famiglia Ligresti. Tanto che da più parti non si esclude un intervento della magistratura.