Spalletti, il pittore che «ascolta» i colori

L’esposizione raccoglie le installazioni monocrome degli ultimi anni

«Il giallo mi porta così dentro la luce che non so se sono un pittore figurativo». Così racconta Ettore Spalletti a Bonito Oliva della sua passione per il colore. In una saletta di Villa Medici contigua allo scalone si assiste alla video-intervista tra un’opera e l’altra del pittore abruzzese, ospitato con lavori quasi tutti recenti all’Accademia di Francia fino al 16 luglio. L’artista richiama alcune singolari immagini dell’infanzia che incarnano la visione abbagliata che lo caratterizza e la sua formula architettonico-pittorica di restituzione al mondo: l’asfalto ogni anno nuovamente steso sulle strade di Cappelle sul Tavo, arginato da balle di fieno lungo tutto il percorso. Spalletti parla di quella delimitazione luminosa con nostalgia ispirata. A tutt’oggi il metodo di lavoro che porta ai suoi apparenti monocromi prevede una fase di ascolto; l’artista passeggia per lo studio aspettando che «una luce, un’ombra, un colore» lo raggiunga, lo avvinca. Poi inizia la fase di ricerca attiva, la paziente opera di tessitura mnemonica e fattuale, in cui per una decina di giorni sovrappone impasti di pigmenti e gesso calcolando spessori e tempi di essiccazione. È sempre il bianco il punto di partenza e l’elemento rivelatore, protagonista nel corpo della pittura e non solo. Alla fine la superficie viene abrasa, scoprendo il valore cromatico definitivo e liberando polvere colorata nello spazio intorno. E il rapporto con lo spazio per Spalletti è centrale: ha studiato da architetto e ne ha conservato cognizioni e sensibilità. Più che uno scambio è una reciproca interferenza negli ambienti creati dall’artista, quando l’ambiente architettonico si delinea ospitale come un grembo, e la pittura acquista l’impalpabilità che la porta a nebulizzarsi fuori dal piano, invitando l’osservatore a toccarla.

Il percorso espositivo è un crescendo di potenza invasiva: azzurri simmetrici indicano la via; grigi sottovetro inquadrano una «Fonte» che riassume la funzione contenitiva architettonica in un volume nitido come un profilo; i rosa (il colore inafferrabile dell’incarnato) che scartano verso il centro della sala, fissati da staffe e da matite bianche dalla doppia punta che misurano la distanza dal muro; in cima allo scalone la «Stanza azzurra», tappezzata di tele inclinate e illuminata d’una luce irreale che induce a sentirsi senza peso e senza orientamento. Fino al 16 luglio a Villa Medici. Orario: martedì-domenica 11-19. Ingresso: 8 euro (ridotto 4,50).

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