Spara alla madre e alla sua ex con l’arma che non doveva avere

da Cuneo

Ha trascorso due anni in un carcere giudiziario per essere stato considerato parzialmente incapace di intendere e di volere. Aveva rapinato e sequestrato un poliziotto e tre bambini, dicendo che voleva farla finita minacciando di uccidere la moglie. Ciononostante dopo aver pagato il suo debito con la giustizia, Francesco Briano, 63 anni ferroviere in pensione residente a Carcare, un piccolo comune in provincia di Savona, ottiene nel 1996 la licenza per il porto d'armi per uso sportivo e domenica scorsa compie una strage. Cinque anni dopo aver scontato la pena Briano chiede e ottiene dal tribunale di sorveglianza la riabilitazione, tornando così alla vita di sempre, alla passione di sempre: le armi.
Nel 1996 la questura di Cuneo gli rilascia la licenza per il porto d'armi per uso sportivo e diciotto anni dopo aver tentato di uccidere la moglie compie una mattanza sparando in bocca alla madre e alla sua ex compagna, ferendo un'altra donna e infine togliendosi la vita.
«Come è potuto accadere che a una persona con dei reati così gravi alle spalle, fosse concesso di detenere legalmente delle armi?». È questa la domanda che ripetono in maniera ossessiva i parenti delle vittime. Già, come è potuto accadere?
La spiegazione, secondo la legge italiana, è contenuta in una sola parola: «Riabilitazione». Dopo cinque anni di buona condotta dalla cessata esecuzione della pena e dopo aver risarcito il danno, il reo può chiedere la riabilitazione inoltrando la richiesta al tribunale di sorveglianza. Se quest'ultimo raccoglie le prove di «effettiva e costante buona condotta», viene concessa la riabilitazione e si estinguono gli effetti della pena. Dal 2004 ottenere la riabilitazione è ancora più veloce: bastano tre anni se si è alla prima condanna, mentre bisogna attenderne otto o dieci se si è recidivi. Se un imputato segue il rito abbreviato la riabilitazione è automatica dopo tre anni.
Per questo motivo Francesco Briano aveva potuto richiedere - ed ottenere - la licenza per il porto d'armi ad uso sportivo alla questura di Cuneo.
Dal 1984 a domenica scorsa l'uomo aveva tenuto una condotta impeccabile e nessuno poteva immaginare un simile comportamento aggressivo nei confronti della sua ex compagna, rea di averlo abbandonato come già aveva fatto anni prima la moglie. Dal punto di vista giudiziario la spiegazione non fa una grinza ma ai tre figli di Maria - cresciuti in simbiosi con una madre dal carattere forte, rimasta vedova a solo 40 anni - il codice penale non basta per spiegare una tragedia annunciata.
«Come è possibile che un Paese civile come il nostro abbia certe leggi? - si dispera Filippo Minni primogenito della vittima -. È una vergogna. Mi è stato suggerito di far causa allo Stato e sinceramente ci sto pensando».


Non sa darsi pace neppure Battisti Ferrero, compagno della vittima: «Maria mi aveva parlato di lui e mi diceva che spesso aveva dei comportamenti strani - ricorda in lacrime -. Era molto possessivo e non accettava che lei frequentasse gli amici, per questo spesso diventava furioso».

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