Sparisce il caffé "sospeso", rito dell'Italia in via d'estinzione

Viaggio tra le tradizioni abbandonate e quelle sul viale del tramonto: a Napoli nessuno offre più la tazzina al cliente sconosciuto

Sparisce il caffé "sospeso", rito 
dell'Italia in via d'estinzione

C'è un sospeso che non è più tale. Dico della tazzina di caffè, pagata ma non consumata, lasciata all’avventore che non se la poteva permettere. Roba di altri tempi, profumo di cuccuma napoletana, zucchero e tazzulella fumante, rispetto del povero, stile del signore, questa era una fiaba romantica e generosa di alcuni bar di Napoli. Ne è rimasto il sapore, null’altro, finita la tradizione, come altre, tante, troppe. Facciano un passo avanti quelli che hanno ancora un salvadanaio, anche nel senso del maialino di coccio. Non ci sono più gli spiccioli e i risparmi di una volta, i nonni tirano la cinghia, i nipoti si buttano sui videogiochi, mamma e papà aspettano il ventisette che non è un tram.

Fotogrammi di un tempo che è andato, senza cadere nella nostalgia e nel trombonismo, trattasi di smarrimento o perdita definitiva di tradizioni e abitudini, riti e cerimonie, triturati dalla frenesia contemporanea, sostituiti da altri protocolli, dall’happy hour all’esseemmeesse. A parte alcune zone di provincia o di periferia non si ode più la voce dell’arrotino o dell’ombrellaio, in caso di ruggine o di usura delle lame, coltelli e forbici vengono messi da parte, in fondo al cassetto, traditi dal nuovo utensile, di basso prezzo e immediato consumo, così come per il famoso parapioggia (termine in uso in Piemonte), un tempo attrezzo prezioso e di distinzione oggi di smercio facile e immediato all’angolo delle strade, all’uscita del supermercato. Se non ci fosse la canzone di Mary Poppins chi si ricorderebbe degli spazzacamini? Eppure i camini vanno via come il pane nelle tavernette o nelle dimore nobiliari, resistono, accesi, fiammeggianti però autopulenti, dal camino non sbucano né la Befana né l’omino affumicato e con gli occhi che brillano, i maestri fumisti hanno un passato, oggi il fumo è un altro. Alle sei della sera niente più rosari, non si sgrana in casa, attorno al braciere.

Si fa presto a dire la tradizione. Bisogna fare i conti con i costi di gestione. Per esempio che fine ha fatto il bigliettaio di avanti c’è posto? Sostituito dall’obliteratrice che però non ha il gommino con le ventosine al pollice, come un ditale, per sfogliare i biglietti uno ad uno. Mestieri finiti in soffitta, una fetta di tempo tagliata via con l’accetta, recuperata in qualche negozio di rigattiere, la brillantina non il gel, il sapone non la schiuma da barba, il rasoio da Figaro non con la lametta anti Aids usa e getta, il borotalco, sì, proprio lui, il rimmel, il piumino della cipria, le calze di seta (oggi è fibra sintetica), con riga ovvia, la sottoveste in cotone, il busto con le stecche di balena, i cappellini da sera, il cappello stile borsalino messo al muro da baschi, zuccotti, berretti da fantino. Ma qui siamo al museo delle c’erano una volta, più che delle tradizioni, l’occasione fa l’uomo nostalgico.

Giù al sud esistevano, ma non è nemmeno passato un tempo enorme, riti barbari, uso un aggettivo morbido, per la prima notte di nozze: esposizione delle lenzuola che portavano le tracce della deflorazione; in casi estremi la coppia, per evitare drammi e sceneggiate alla Mario Merola, sacrificavano galline e pollame vario, ingannando i parenti stretti e in trepida attesa dell’evento. Per evitare «il bucato» in pubblico si allestiva un altro teatrino:le due suocere si presentavano al lunedì, primo giorno della settimana successivo alla cerimonia nuziale, nella casa degli sposi, per preparare e offrire loro il caffè ma soprattutto per controllare, le cialtrone, che il matrimonio fosse stato consumato. Per scivolare nelle cose più dolci e fresche qualcuno dovrebbe spiegare che fine hanno fatto i carrettini dei gelati, tricicli itineranti con tre gusti al massimo, cioccolato, crema e limone. E visto che siamo in strada perché a Vienna, dico l’Austria, circolano nel centro cittadino decine e decine (davvero questo è il numero) di carrozze, bianche, nere, dorate, color d’argento, trainate da due cavalli, mezzi di trasporto per turisti mentre in Italia le botticelle sono scomparse in ogni dove con il solito alibi delle spese, dell’inquinamento (!), degli animalisti? Meglio il cantante del piano bar o il juke box? Il primo prevede vitto, alloggio, varie ed eventuali, il secondo al massimo spese di manutenzione ridotte all’osso e nessun intervento sindacale o versamento di contributi assistenziali, per questo non se ne hanno più notizie, come di flipper e calciobalilla, al di là di qualche esibizione modaiola, come oggetto di arredo vintage.

Il vinile sta recuperando i giri di svantaggio su cd e Ipod ma ormai il tempo fugge e avrei voglia di pinzarmi i

risvolti dei calzoni e montare in bicicletta. Mi prenderebbero per matto, non perché, alla mia età, pedalo allegramente, ma per colpa delle mollette. Non fanno tendenza. Resto sospeso, come la tazzina di caffè al Gambrinus.

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