Sparito nel nulla da 15 giorni «Rapito dai rivali in affari»

MilanoScomparso, come fosse stato inghiottito dalla terra. Lui e la macchina. Di Aurelio Giorgini ormai non si ha più notizia dalla mattinata del 24 marzo e ora, dopo averlo inutilmente cercato in ospedali e obitori, laghi e scarpate, la procura ha ufficialmente aperto un fascicolo per «sequestro di persona. Anche se il «movente» rimane indefinito: poco credibili estorsione e motivi passionali, più attendibile il contrasto in affari. Di sicuro l’allontanamento volontario ormai non regge più.
Giorgini, nato nel 1949 ad Artemia, in provincia di Udine, inizia fin da giovanissimo un percorso da manager d’alto livello: laurea in scienze economiche e sociali alla Henry George School di Zurigo, perfezionamento a Oxford in marketing dei consumi. Poi la carriera alla Coin, Gft Torino, Cerruti e infine dal 1998 al 2000 Amministratore delegato del gruppo tedesco Jil Sander di Amburgo. In seguito cambia completamente attività. Si lancia in Internet, fondando aziende che si occupano di formazione e informazione rivolta ad altre aziende. Quindi entra nel settore medico tecnologico, acquisendo un brevetto e iniziando a produrre, insieme ad alcuni soci, macchinari sanitari.
Nel frattempo mette su famiglia a Milano, si sposa, ha due figlie, una femmina, medico e un maschio, in questo momento a Londra. Acquista un casa a Graglio, in provincia di Varese, e a Piazzogna, in canton Ticino: due comuni sul lago Maggiore a poche decine di chilometri di distanza, di qua e di là del confine con la Svizzera. La mattina del 24 marzo è appunto a Graglio, parecchi testimoni lo vedono a bordo della sua Smart. Si sente al cellulare con i familiari, chiamate che rimangono nei tabulati e confermano come il suo portatile sia stato agganciato dalla cella sopra il paesino. Spiega che farà un salto oltre confine per tornare subito dopo in Italia. Invece di lui si perde ogni traccia. In serata i suoi lo cercano al telefono che risulta staccato. Ancora qualche ora di attesa angosciata poi il 25 si presentano in questura a Varese per denunciarne la scomparsa.
Vengono attivati i consueti protocolli, diramando targa e modello dell’auto e descrizione: 1 metro e 74, occhi castani, capelli grigi-bianchi, una cicatrice da bruciatura sul lato sinistro del collo. Vestito con un giaccone bianco e pantaloni scuri, ha con sé uno zaino grigio. Nei giorni successivi però la sua Smart non risulta coinvolta in qualche incidente né aver passato caselli autostradali. Viene scandagliato anche il lago Maggiore, allertati ospedali e obitori, ma di lui nessuna notizia. Non ci sono poi telecamere al valico di Zenna, che avrebbe dovuto usare per recarsi a Piazzogna, quindi non è certo l’abbia attraversato.
Così dopo un paio di settimane, accertato che non c’è stato un incidente stradale o un malore, l’inchiesta passa a Milano, dove la Procura apre un fascicolo per «sequestro di persona» e affida alla squadra mobile le indagini per cercare il manager. Indagini tutt’altro che facili, perché al momento gli inquirenti non hanno pressoché nulla in mano. Da quella mattinata del 24 marzo a Graglio, Giorgini e la sua Smart sembrano infatti essere dissolti. Non c’è la minima traccia fuori del paesino «come se lui e l’auto fossero stati inghiottiti dalla terra» confessa un po’ sconsolato un investigatore.
Fermo restando che l’ipotesi di reato rimane «sequestro di persona» rimane in sospeso il famoso «ai fini di». Non di estorsione, perché l’uomo è benestante ma non ricchissimo. La sua è inoltre un’esistenza normalissima, tranquilla anche la vita sentimentale, tutto casa e famiglia, niente amanti o cose del genere. Rimane la pista degli «affari», forse un contrasto con un socio o un concorrente.
In passato a Milano sparirono un banchiere e un imprenditore. Il primo, Gianmario Roveraro, ex atleta, partecipò nel salto in lungo alle olimpiadi di Melbourne del 1956, e finanziere di rango, negli anni ’90 piazzò le azioni della Parmalat, sparì a fine giugno del 2006 a 70 anni. Il corpo fu poi trovato ai primi di luglio a Parma, dove era stato ucciso da Filippo Botteri, suo socio in affari, che si riteneva truffato dalla vittima.

Non è mai stato trovato invece Stefano Cerri, scomparso nel dicembre del 2008 a 48 anni e quasi sicuramente fatto uccidere da Stefano Savasta, formalmente incriminato per il delitto. Il movente: Cerri sarebbe diventato l’amante dell’ex compagna di Savasta.

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