Spartacus: clan Casalesi, ergastoli confermati

Dopo tre giorni di camera di consiglio la Corte d'Assise d'Appello conferma gli ergastoli per i boss della camorra campana: Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti e per gli altri imputati. Sono 16 gli ergastoli confermati nel giudizio di secondo grado

Spartacus: clan Casalesi, ergastoli confermati

Napoli - La prima sezione della Corte di Assise di Appello ha confermato la condanna all’ergastolo per i boss del clan dei Casalesi. Tra le altre, la Corte ha confermato le condanne per Francesco Schiavone, detto Sandokan, Francesco Bidognetti, detto Cicciotto e' mezzanotte, e i latitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine. Il massimo della pena è stato inflitto anche a Giuseppe Caterino, Mario Caterino (latitante), Cipriano D’Alessandro, Raffaele Diana (latitante), Enrico Martinelli, Sebastiano Panaro, Giuseppe Russo, Francesco Schiavone (Cicciariello), Walter Schiavone, Luigi Venosa, Vincenzo Zagaria e Alfredo Zara.

L'accusa È soddisfatto della sentenza il pg Francesco Iacone, rappresentante dell’accusa nel processo in Corte d’Assise d’appello contro i Casalesi. "La sostanza della sentenza di primo grado - dice Iacone - è confermata, tranne qualche punto che mi riservo di valutare. Le attenuanti generiche sono state concesse solo agli imputati che hanno ammesso i fatti e hanno confessato". Sono 16 gli ergastoli confermati nel giudizio di secondo grado.

Saviano In aula per la lettura della sentenza c'è anche lo scrittore Roberto Saviano che raccontato nel suo libro, Gomorra, le "gesta" dei Casalesi. Una "vittoria dello Stato" ma "resta ancora molto da fare". Così lo scrittore commenta la sentenza d’appello nel processo contro il clan dei Casalesi. Saviano ha ascoltato in aula la lettura della sentenza. "Questa sentenza ha anche un significato culturale anche per tutte le persone, gli investigatori, i magistrati e i cronisti, che hanno lavorato nell'ombra in tutti questi anni per indagare su questa storia".

Aula blindata I giudici della Prima corte d’Assise d’appello di Napoli, presieduta da Raimondo Romeres, si sono chiusi in camera di consiglio lo scorso lunedì. L’ultimo atto del maxi processo, nell’aula bunker Ticino uno del carcere napoletano di Poggioreale, si è svolto in un clima di altissima tensione. Il piano sicurezza è scattato molti giorni prima dell’ultima udienza con la bonifica degli uffici giudiziari e del percorso compiuto dall’auto che avrebbe scortato i giudici, oltre ai continui sopralluoghi persino nelle fogne. La zona del carcere è stata blindata, chiudendo diverse strade di accesso all’Aula. Molti gli agenti scelti e i cecchini sui tetti pronti a intervenire in caso di necessità. Nel corso dei giorni sono state vagliate anche delle telefonate anonime arrivate ai centralini del Palazzo di giustizia. Gli inquirenti, inoltre, hanno visionato i nominativi nei registri di entrata e di uscita delle persone che hanno ascoltato le udienze che si sono svolte nelle aule di Poggioreale.

Maxi processo Imponenti i numeri del processo Spartacus, il più importante dibattimento contro la camorra dai tempi della Nco (Nuova camorra organizzata, ndr) di Raffaele Cutolo. Sono 36 gli imputati del secondo grado e 16 gli omicidi contestati dalla pubblica accusa, fatti commessi tra il gennaio 1998 e l’ottobre 1991. Le richieste di ergastolo del pg Francesco Iacone, su cui la Corte è stata chiamata a decidere, sono 16, oltre a 5 condanne già concordate (Francesco Biondino, Antonio Di Gaetano, Giorgio Marano, Giuseppe Papa a 30 anni e Orlando Lucariello a 28 anni). Gli imputati del primo grado furono 123 e 21 gli ergastoli emessi il 21 settembre 2005.

Gli imputati Oltre a Francesco Schiavone, detto Sandokan, attendono la sentenza Francesco Bidognetti (Cicciotto 'e mezzanotte), i due latitanti Vincenzo Zagaria e Antonio Iovine e un folto numero di collaboratori di giustizia. La camera di consiglio del processo di primo grado durò undici giorni. Il processo, presieduto da Catello Marano, si protrasse per 7 anni e 2 mesi. In appello, invece, è durato un anno e un mese.

Ma Spartacus non finisce con la sentenza di oggi dal momento che un’altra novantina di imputati di reati associativi (non delitti di sangue) attendono la sentenza di secondo grado. Atti che ancora non stati iscritti al ruolo con un altissimo rischio di prescrizione.

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