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La Spd si spacca, Lafontaine se ne va

Sondaggio evidenzia la debolezza della Merkel: la sua coalizione stravince, ma lei non convince

Roberto Fabbri

Due giorni dopo la catastrofica sconfitta in Renania-Vestfalia e l’annuncio choc delle elezioni anticipate già si vanno delineando le strategie dei partiti tedeschi in vista del voto di settembre. Ma le sorprese non sono ancora finite, soprattutto a sinistra.
Oskar Lafontaine, «cavallo di razza» della sinistra socialdemocratica, ha ufficializzato ieri il suo addio al partito in cui ha militato per 39 anni. L’ex presidente della Spd ed ex ministro delle Finanze ha spiegato all’edizione online della Bild Zeitung, il quotidiano popolare più diffuso della Germania, di non poter più appartenere alla socialdemocrazia dopo che il Cancelliere Schröder ha deciso di includere nella piattaforma elettorale riforme economiche come l’Agenda 2010 e la Hartz IV, a suo avviso di stampo tipicamente liberale. Lafontaine era ormai da tempo un emarginato nella Spd: già nel 1999 si era dimesso da tutti i suoi incarichi, trasformandosi in un Cincinnato e giurando di volersi dedicare alla famiglia. Ma l’ex ministro, in realtà, aspira a tornare in scena come candidato di un’alleanza di estrema sinistra tra la Wags (una nuova formazione di fuoriusciti della Spd) e la Pds, il partito postcomunista erede della famigerata Sed tedesco-orientale. Alla Bild ha detto di attendere fiducioso segnali di unità per offrire la sua collaborazione.
Schröder non ha fatto nulla per trattenere Lafontaine, anzi. Il suo orizzonte politico non guarda più tanto a sinistra, quanto al centro. Così si spiega il suo rifiuto, annunciato ieri, di formalizzare in anticipo un’alleanza elettorale tra il suo partito e quello dei Verdi di Joschka Fischer, suoi attuali partner di governo. È giusto che ci sia gara aperta tra tutti i concorrenti, ha detto il Cancelliere ormai uscente, e io voglio che la Spd sia il partito più forte. Legittimo e plausibile, ma è più realistico pensare che l’esperto leader socialdemocratico (già uscito vincente tre anni fa in elezioni dove era dato per morto) si stia preparando il terreno per nuove soluzioni di potere, qualora dal voto di settembre il suo partito esca con le ossa meno rotte del previsto.
La prospettiva più concreta è quella di una grosse Koalition, il classico compromesso storico alla tedesca tra i tradizionali rivali socialdemocratici e democristiani. Al momento la Cdu e la sua ancor più conservatrice costola bavarese Csu la escludono apertamente, ma se le elezioni dovessero deluderli potrebbero dover tornare sui loro passi. L’alternativa è quella di un’alleanza con i liberali, classico ago della bilancia con il loro serbatoio di voti stabile sul 6-8 per cento; ma il loro capo Guido Westerwelle questa volta è stato chiaro: l’obiettivo della Fdp è un governo «giallo-blu» con gli eredi di Helmut Kohl. E ancor meno probabile pare l’ipotesi di una «coalizione semaforo» rosso-giallo-verde.
Pare certo, comunque, che Schröder intenda una volta di più puntare sulla propria popolarità personale, che a dispetto dei disastri collezionati dal suo partito rimane inscalfita. I numeri parlano chiaro: la coalizione rosso-verde non supera il 37 per cento delle intenzioni di voto (30% alla Spd e 7% ai verdi), ma 45 tedeschi su cento vorrebbero ancora vedere Schröder alla guida del governo. Dall’altra parte, la probabile candidata alla Cancelleria Angela Merkel può contare su un confortante 53 per cento di intenzioni di voto per i due partiti che intende rappresentare (46% alla Cdu/Csu e 7% alla Fdp), ma la sua popolarità personale non supera il 44 per cento.
Sono dati, questi, che in teoria lasciano ancora aperto il discorso della nomina dello sfidante di Schröder, anche se tutti i notabili del centrodestra si sono già espressi per la Merkel. L’investitura ufficiale, però, è attesa per lunedì prossimo, e intanto la stampa tedesca si interroga se la «Ragazza di ferro» sia in grado di battere il vecchio volpone di Hannover.

La stessa stampa già si sbizzarrisce sulla composizione di un futuro governo giallo-blu: accanto al Cancelliere Merkel, il capo della Csu Edmund Stoiber diverrebbe ministro dell’Economia, mentre ai liberali andrebbero Esteri e Interni o Giustizia.

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