«Special Olympics, una grande sfida»

Alessia Marani

Millequattrocento atleti da tutto il mondo, cinquantasette paesi partecipanti e uno staff organizzativo di ventimila persone, soprattutto giovani e volontari. A Roma da quattro giorni sono in corso le Olimpiadi. Quelle «speciali», gli Special Olympic Games voluti da Eunice Kennedy, sorella di John, nei lontani Anni ’60 per dare un’occasione a migliaia di ragazzi disagiati mentali di tutto il mondo di cimentarsi nell’agonismo sportivo alla stregua di tanti altri coetanei. Per mettersi in gioco «alla pari».
Spirito che ogni quattro anni, appunto, anima i Giochi, che quest’anno si svolgono nella Capitale, negli impianti del Coni all’Acqua Acetosa, negli stadi e nelle piscine degli olimpionici «veri». Raimondo Astarita, giornalista, esperto di comunicazione, è presidente di un comitato organizzatore d’eccezione, formato da personaggi del calibro di Moratti, Romiti e Tatò.
Astarita, perché una Olimpiade «parallela»?
«In realtà, si tratta di un evento peculiare e assolutamente originale. Questi ragazzi, atleti speciali, lo sono davvero. Durante tutto l’anno si allenano, compiono sforzi enormi, assieme con le loro famiglie, con gli allenatori, i medici che li seguono passo passo. Nulla è lasciato al caso. La preparazione che precede il momento agonistico è decisiva per la formazione del singolo ragazzo non solo fisicamente. Ognuno di loro ha la possibilità di esprimersi in maniera libera».
Qual è la formula degli Special Olympic Games?
«Non esiste una formula precisa. Ma tutto ciò che viene fatto lo è in uno spirito costruttivo, di solidarietà verso chi, di solito, ha problemi giganteschi ad affrontare situazioni apparentemente di “normalità”, ma che nella disciplina sportiva si scopre vero “campione”. Basti pensare che di supporto all’intero apparato lavorano ben trecentocinquanta medici di varie specializzazioni, rigorosamente in maniera volontaria».
Allestire quest’Olimpiade è stata una sfida nella sfida. Quali finora i momenti più significativi?
«La serata inaugurale allo Stadio dei Marmi. Fantastica, con gli spalti stracolmi e l’entusiasmo alle stelle. Kakà, il fuoriclasse brasiliano del calcio, ne è stato l’ospite d’onore. Il giocatore è stato con questi ragazzi tra i 12 e i 21 anni come fosse un fratello. Ha girato spot, ha dedicato il suo tempo, la sua esperienza gratuitamente a questa manifestazione. Un esempio per tutti».
Ma la mobilitazione è stata massiccia, la partecipazione molto ampia. Che cosa si può fare per aiutare ancora questi ragazzi?
«Con “adotta un campione”, di cui lo stesso Kakà si è fatto ambasciatore, chiunque ha potuto partecipare in prima persona sostenendo le spese d’alloggio di un atleta e della sua famiglia nei sei giorni. E anche durante il fermo di quattro anni tra un’edizione e l’altra, si può fare molto per l’associazione. Ogni riferimento si trova sul sito www. specialolympics.it, dove poter trovare anche il programma della competizione».
Domani la giornata conclusiva.

Sette le discipline di gara: l’atletica, le bocce, il calcio, il bowling, la ginnastica, il nuoto e la pallacanestro. «Gli italiani - dice Astarita - sono particolarmente forti nell’atletica e nel nuoto. Lo spettacolo è garantito. L’ingresso gratuito».

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