Sperimentazione o vecchi standard purché sia jazz

Fabrizio de Feo

Un cartellone di tutto rispetto. Il tentativo di mettere insieme forze che normalmente competono a colpi di grandi nomi sul grande scenario musical-jazzistico della capitale. E, soprattutto, la volontà di creare un grande festival collettivo che segni e identifichi in profondità un’estate romana carica di eventi in fotocopia e spesso sovrapposti l’uno con l’altro.
È questo lo spirito con cui l’11 luglio (fino al 27 luglio) prenderà il via il Roma Jazz Festival, il più longevo e conosciuto evento musicale romano. Un appuntamento con il jazz nelle sue diverse forme, capace di spostarsi con efficacia fra l’approccio più classico al genere e le derive sperimentali. Questa volta, poi, il Roma Jazz Festival dopo 10 anni torna nella sua collocazione estiva per festeggiare il suo trentennale. Una ricorrenza che ha acceso il desiderio di tentare la sfida della moltiplicazione degli spazi, o perlomeno della collaborazione tra le diverse realtà che programmano jazz. Per questo i concerti quest’anno si terranno in tre sedi: l’Auditorium Parco della Musica, la Casa del Jazz e La Palma Club, tre dei luoghi musicali più importanti della «città più jazz d’Italia». Un formato che conserva comunque inalterate le specificità progettuali delle singole realtà coinvolte: il Parco della Musica per i grandi eventi, la Casa del Jazz per le giovani promesse e per i più famosi artisti italiani ed internazionali orientati verso il main stream e new bop, la Palma Club per le proposte di avanguardia con fughe verso il latin jazz e il blues. Una specificità fatta di tradizioni e sensibilità diverse, che da tempo ormai fornisce il suo multicolore contributo alla vita culturale di Roma, e che in questa occasione punta a mostrare il filo rosso che unisce la musica jazz al di là della competizione tra spazi differenti. L’ideazione e la direzione artistica del festival è appannaggio di uno dei promoter storici della capitale: Mario Ciampà. A lui si affiancano Marco De Persio per La Palma, Luciano Linzi per la Casa del Jazz e Flavio Severini per l’Auditorium. Il programma è fitto di appuntamenti interessanti. Si parte martedì con John Zorn e Terry Callier. Venerdì 14 è la volta dei grandi Take 6, maestri della vocalità a cappella. Il 16 Maria Pia De Vito, Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli nel progetto «So right», ispirato a grandi interpreti e autrici femminili del nostro tempo. Il 17 è la volta del Paolo Fresu Quintet. Il 21 dell’intramontabile armonica di Toots Thielemans.

Il 23 va in scena un altro progetto italiano importante: quello di Enrico Pieranunci e Ada Montellanico. Si chiude il 26 con il leggendario pianista Hank Jones, quasi 70 anni di carriera alle spalle, affiancato dalla cantante italiana Roberta Gambarini e il 27 con il Savage Jazz Dance Company.

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