Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, il Pil 2008 è peggio del previsto. Le imprese non investono più, si sono bloccate. E le famiglie? Qual è la vostra valutazione sul loro ruolo in questa crisi?
«Bisogna fare una premessa. La prima è che la nostra crisi viene da molto lontano e non è soltanto legata alla crisi internazionale; secondo, il nostro sistema bancario, un po' più tradizionale e prudente, non si è lasciato prendere la mano nel sostenere il modello della crescita a debito; terzo, le famiglie italiane sono meno indebitate rispetto alle medie europee e, soprattutto, statunitensi; quarto, abbiamo un sistema di piccole e medie imprese che, pur strette in una morsa terribile, sono strutturalmente più flessibili. Dico questo perché il dato di oggi (ieri, ndr) sul Pil suggerisce considerazioni complesse: da una parte il rischio di una strutturale riduzione della capacità del nostro Paese di creare ricchezza per la caduta straordinaria degli investimenti; dall'altra un atteggiamento meno negativo delle famiglie che, nonostante sentano la crisi, continuano a sostenere la domanda per consumi, seppure a scartamento ridotto».
Dopo il Natale e i saldi, come vanno i consumi?
«Guardi, qualche certezza e qualche dubbio. La certezza è che il crollo dei consumi di Natale non c'è stato e che i saldi hanno recuperato in parte la flessione di dicembre nell'abbigliamento. Ma ancora non si sono dispiegati gli effetti dell'incremento della disoccupazione sui redditi delle famiglie che porteranno inevitabilmente ad un'ulteriore contrazione dei consumi».
Il governo ha varato incentivi per auto e ammortizzatori sociali. Cosa occorre ora per evitare che anche le famiglie si fermino?
«Presi singolarmente, i provvedimenti sono condivisibili e vanno nella giusta direzione, ma risultano insufficienti. Servirebbe maggiore incisività e un po' più di coraggio visto che gli interventi previsti non muoveranno più di 0,2 punti di Pil».
Ma come si fa ad evitare che incentivi pubblici non deteriorino il debito pubblico?
«Vi sono vincoli di bilancio da rispettare, ne siamo consapevoli e appoggiamo la linea del rigore. Ma se guardiamo agli 800 miliardi della spesa pubblica e anche togliendo la spesa sociale e quella per interessi, possiamo pensare che nei 360 miliardi residuali vi siano quote di spreco che potrebbero essere recuperate e destinate alla produttività e alla crescita. Insomma, riduzione, controllo e riqualificazione della spesa pubblica, da una parte, proseguimento del recupero di elusione ed evasione, dall'altra. In questo modo si possono liberare risorse per abbassare la pressione fiscale e stimolare i consumi».
Entro quanto tempo?
«Il dato di oggi non lascia alternative alla necessità di agire il prima possibile. Questo per evitare che la paura e l'incertezza che ora hanno le imprese possano contaminare anche le aspettative delle famiglie bloccando il sistema».
Cosa sta accadendo di drammatico nel commercio?
«Nel 2008 abbiamo registrato un saldo negativo di quasi 40mila imprese commerciali e altrettante potrebbero chiudere nel corso dell'anno.
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