"Una violenza inaudita...": massacrato di botte il conduttore Rai

Cazzotti, calci e ceffoni per Fabrizio Nonis e il figlio dopo la partita tra Hellas Verona e Inter: timpano perforato per il conduttore Rai

"Una violenza inaudita...": massacrato di botte il conduttore Rai

Con la riapertura degli stadi, le cronache tornano a parlare di risse e aggressioni post-partita da parte delle frange più esagitate delle tifoserie. Una piaga per la quale, per colpa di pochi, rischiano di pagare tutti. L'ultimo episodio ha visto protagonista un volto noto nel piccolo schermo, Fabrizio Nonis, che qualche giorno fa ha voluto assistere alla partita tra Hellas Verona e Inter allo stadio Bentegodi insieme a suo figlio. Un'esperienza che difficilmente dimenticherà, come testimonia il referto dell'ospedale dove il conduttore Rai si è recato per ricevere le cure dopo il pestaggio, che oltre agli ematomi e ai dolori in varie parti del corpo, gli ha provocato anche la perforazione del timpano dell’orecchio destro.

"Sono stati dieci, quindici minuti di una violenza inaudita", ha commentato Fabrizio Nonis al telefono con un giornalista del Corriere del Veneto qualche ora dopo i fatti. Come racconta il conduttore, tutto è accaduto attorno alle ore 23, non distante dallo stadio, mentre lui e il figlio andavano a recuperare l'auto dopo la partita. "Era da due anni che non andavamo allo stadio. Io tifo Inter e seguo con molta simpatia l’Udinese, grazie alla mia attività professionale ho avuto modo di conoscere e frequentare molti giocatori come Andrea Ranocchia e Kevin Lasagna", spiega Fabrizio Nonis.

Mentre si avviavano alla macchina, il conduttore e il figlio ricordavano "l’ultima trasferta al Bentegodi, 11 anni fa, quando la squadra della nostra città, Portogruaro, era in serie B. E di quella trasferta non avevamo un bel ricordo della tifoseria gialloblù". Prima di raggiungere la vettura, i due hanno notato un bar in cui si erano radunate "centinaia di persone, tutte ammassate e senza mascherina che discutevano della partita e bevevano". Immaginando si trattasse del luogo di incontro dei tifosi dell'Hellas Verona, Fabrizio Nonis si è sentito di suggerire al figlio di evitare il passaggio lì davanti, preferendo un'altra strada, sebbene più lunga.

"Premetto che quando andiamo allo stadio non portiamo mai bandiere, sciarpe ed evitiamo abiti che possano richiamare i colori sociali delle squadre in campo. Eravamo a meno di 300 metri dall’auto, quando ho visto che un gruppetto di sei, sette persone, si è staccato dal pubblico del bar e ha cominciato a seguirci", ha voluto specificare il conduttore. Notando le persone, Nonis ha invitato il figlio ad accelerare il passo "Avevo una bruttissima sensazione. A un certo punto hanno cominciato a urlare ‘Ehi, tu, ehi voi. Che ore sono?’. Ci siamo fermati e mio figlio ha risposto: ‘Le undici meno dieci’. Erano a un metro da noi. Un uomo fra i 45 e i 50 anni, con il cappellino dell’Hellas in testa mi ha chiesto ‘Che c.. ci fate qua’".

Quindi Nonis ricorda il momento dell'aggressione: "A quel punto ho pensato che forse sarebbe stato meglio rispondere in dialetto, così da far capire che eravamo veneti anche noi e ho risposto che eravamo venuti a vedere la partita. ‘Che squadra tifate?’ mi ha detto l’energumeno. Ho detto che non tifavo per nessuna squadra, ma lui mi ha incalzato e allora ho detto che avevo simpatie per l’Udinese. Non ho fatto in tempo a pronunciare il nome della squadra friulana che mi sono trovato a terra".

Il divulgatore è stato colpito in pieno volto da un cazzotto che l'ha fatto cadere, mentre il figlio è stato colpito da un ceffone nel tentativo di difenderlo. "Gli altri, tutti con t-shirt o polo o cappellini dell’Hellas si erano messi a cerchio per bloccare le vie di fuga. Noi, cadendo, eravamo in mezzo a due auto parcheggiate. E lì hanno cominciato uno dopo l’altro a darci calci. Ai fianchi, alle gambe, al volto. Le auto un po’ ci proteggevano. Io con le ultime energie che avevo ho urlato: ’Ma che state facendo, siamo veneti anche noi’ per fugare ogni dubbio che appartenessimo alla tifoseria della squadra avversaria. E giù altri calci", prosegue Nonis.

Dopo qualche minuto i due sono riusciti ad alzarsi e coprendosi la fuga con le auto parcheggiate: "Abbiamo raggiunto la nostra automobile e lì è arrivata la seconda dose. Pugni e calci, sberle a mio figlio, a cui hanno schiacciato il volto contro il cofano. Sono stati dieci, quindici minuti di terrore. Poi non ho capito che cosa è successo, un anziano è sceso dal suo appartamento o forse era di passaggio e ha chiesto che cosa stesse accadendo". A quel punto la furia si è fermata e i picchiatori sono scappati: "Il tempo di entrare in auto, bloccare le chiusure e partire. Abbiamo fatto qualche centinaio di metri, poi ci siamo fermati e ho chiamato il 118".

Dopo quest'esperienza, Fabrizio Nonis è sicuro: "Allo stadio di Verona non ci torno più, amo questa città, avevamo anche cenato in una pizzeria vicino a San Zeno per andare a salutare l’amico chef Giancarlo Perbellini. Ma non è possibile vivere un’esperienza simile".

L'Hellas Verona ha preso le distanze dal comportamento dei suoi tifosi: "Hellas Verona FC censura con sdegno e fermezza qualsiasi atto di violenza o intimidazione, ovunque e da chiunque esso venga perpetrato, esprimendo massima solidarietà al signor Nonis e al figlio".

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