Addio a JJ Cale chitarrista ribelle: scrisse «Cocaine»

Ora tutti a celebrare la sua Cocaine (o ad accorgersi che è stato lui a scriverla, non Eric Clapton). In realtà JJ Cale, che è morto d'infarto l'altro ieri del giorno del compleanno del suo amico Mick Jagger, era un chitarrista di rara sensibilità, con un suono chiamato Tulsa sound, lento e tagliente, in sostanza uno dei primi esempi di crossover della storia del rock. Sia acustico che elettrico, JJ Cale (nato John Weldon Cale e poi consigliato dal proprietario del Whisky a GoGo di Los Angeles di farsi chiamare JJ per non confondersi con John Cale dei Velvet Underground) grondava una mescolanza di country, blues, rock'n'roll, folk e jazz anni Trenta che ha stravolto e modificato lo stile di tante superstar, da Eric Clapton a Mark Knopfler, tutti lentamente innamorati di quel modo sinuoso di suonare la chitarra, preciso, mai una nota in più e mai autoreferenziale. D'altronde JJ Cale era così: ha composto e cantato alcuni brani che poi sono diventati megasuccessi di altri (ad esempio Cocaine, appunto, e After midnight, entrambi lanciati poi da Clapton) e ha scritto canzoni poi suonate da Lynyrd Skynyrd o Captain Beefheart o John Mayall o Bryan Ferry, insomma l'orizzonte più autorevole del rock. Ma è sempre rimasto dietro le quinte, nella penombra, con dischi e tour che gli hanno fruttato molti meno soldi e premi di quanti si sarebbe meritati (un solo Grammy Award, vero scandalo). Per capirci, rinunciò a promuovere in tv il suo più grande successo, Crazy mama, perché avrebbe dovuto cantare in playback.

Schivo e silenzioso, come forse aveva imparato crescendo a Tulsa nell'Oklahoma degli anni '50. E come era riuscito a restare, nutrendosi di quel piacere strano e rarissimo che gli dava la gloria respirata soprattutto di riflesso.

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