E adesso che Desperate Housewives sta per finire (domani l’epilogo su Fox Life, ore 21.00 e 21.55), chi ci aiuterà a capire meglio le donne? Perché, diciamolo: per noi uomini, assistere alle otto stagioni ambientate nella fantomatica Wisteria Lane è stato come sbirciare, dal buco catodico della serratura, nel cervello femminile. Ed avere la conferma, nonostante 180 episodi, di ritrovarsi al punto di partenza, con tante domande irrisolte ed una sola certezza: troppo complicato cercare di capirle. Del resto, se non ci sono riusciti i vari compagni che si sono alternati nei letti delle quattro «disperate», maschi a cui va tutta la nostra stima e solidarietà, come potremmo farlo noi? Queste «amazzoni» hanno avuto la capacità di cambiare la cultura di un’intera nazione, dimostrando come anche sotto un grembiule da cucina si possano celare donne di ferro, capaci di pianificare una cena perfetta come imbastire un delitto a fin di bene. Sono state loro, le femmine della serie, le assolute protagoniste di questa rivoluzione sociale, riqualificando la visione stereotipata e cinematografica della casalinga (nonostante tutto, era ancora lontana dal mostrarne i lati più trasgressivi). Un’inversione di tendenza supportata a suon di record televisivi (le ultime due puntate, negli Usa, sono state viste da 11,1 milioni di spettatori) e di illustri fan, come Laura Bush che nel 2005 confessò «Il presidente va a letto e io sto davanti alla tv a guardare Desperate Housewives».
Domani le saluteremo ad una ad una. Gabrielle Solis (Eva Longoria), la meno casalinga della via, che ci ha mostrato impietosamente come noi uomini ci sciogliamo davanti ad una signora affascinante, pronti a tutto, anche al ridicolo, pur di cadere nella sua rete. Bree Van de Kamp (Marcia Cross) la maniaca dell’ordine, straordinaria cuoca, ossessionata dall’apparenza, che tuttavia ci ha dato un messaggio di speranza: anche le donne, le più algide ed imperturbabili, possono essere deboli ed imperfette. Lynette Scavo (Felicity Huffman) la più forte, caratterialmente, del gruppo. Una castratrice del sesso maschile (il suo Tom, ad un certo punto, è scappato dalla disperazione) ma una straordinaria madre di famiglia. È il grillo parlante di ogni uomo, il tarlo nella coscienza, capace di farvi sentire sempre inappropriati. Infine, Susan Delfino (Terri Hatcher), la sposa perfetta secondo l’ideale del maschio dominante, con quel suo essere sì pasticciona ma anche inconsapevolmente sexy. Insomma, un barlume di speranza che noi uomini ancora si possa contare qualcosa. E la voce di Mary Alice (Brenda Strong) dal cui suicidio prese il via il tutto.
Il fascino di Desperate, però, non è stato solo nella scelta azzeccatissima delle sue protagoniste. La vera rivoluzione di questa serie, partita il 3 ottobre 2004 sull’ABC dopo essere stata rifiutata da molte reti televisive, è stato quella di raccontare «l’american way of life» con grande ironia ma senza dimenticare un pizzico di mistero, trasformando, anno dopo anno, il target della serie in parallelo all’evoluzione politica Usa. Golden Globe nel 2005 come Miglior Serie Tv, Golden Globe alla Hatcher per la miglior interpretazione femminile, Emmy per la Huffman come miglior attrice protagonista in una serie comica, Miglior Serie Commedia nel 2009 al GLAAD Media Awards: questi alcuni premi che hanno accompagnato la scalata.
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