Alex Bellini: "Attraversando Brasile e Perù ho fatto una grande scoperta: l'umanità"

Il protagonista di "A Single Origin" racconta le sue imprese più estreme

Alex Bellini: "Attraversando Brasile e Perù ho fatto una grande scoperta: l'umanità"

«Io sono di Aprica, in Valtellina, sono un montanaro. Per indole noi siamo gente chiusa, introversa. Diciamo che questa mia natura mi ha aiutato». Quando Alex Bellini, classe 1978, viaggiatore estremo, cerca di spiegare il suo stile di vita e la sua professione, è inevitabile che la metta facile. Per uno che ha attraversato due oceani su una barca a remi in solitudine, e che ha resistito ai venti gelidi e impetuosi del ghiacciaio più grande d'Europa, il norvegese Vatnajökull, percorrendolo a piedi per duecento chilometri, bè, la retorica non è esattamente l'alimento preferito a colazione. Protagonista di A Single Origin: il gusto del viaggio, diario d'avventura prodotto da DueB in onda su Raidue al martedì alle ore 24 per altre due puntate, Alex Bellini si cimenta per la prima volta in un viaggio dal Brasile al Perù attraverso paesaggi mozzafiato ma, questa la novità, a contatto con le genti del luogo.

Alex Bellini, è stata dura sopportare l'homo sapiens sapiens in questo viaggio?

«A tratti sì ma, con mio grande stupore, per lo più no. Io non sono certo un chiacchierone, ma da questo viaggio sono tornato cambiato. Se penso che c'è chi è riuscito a farmi ballare...»

Viaggiatore estremo, protagonista di imprese spesso pericolose: ma lei ha una famiglia?

«Sì, ho moglie e due splendide bambine, una di cinque e una di sette anni. Tre donne che mi sopportano e supportano. Mia moglie partecipa alle mie missioni: io sono sul campo, lei gestisce il team che mi segue. Le bambine soffrono la mia mancanza da casa, ma quando torno sentono che ciò che faccio mi fa sentire una persona migliore».

Il suo attraversamento dell'Atlantico su barca a remi nel 2005, 226 giorni in mare aperto, ha portato in sponsor 58mila euro per una scuola di bambini poveri in Brasile. Forse da lassù la proteggono per questo?

(sorride) «Chissà. Nell'Atlantico fu dura, e mi ha assistito la buona stella. Ho vissuto il mio momento più critico: cinque giorni senza cibo. Quando mi chiedono se ho paura rispondo: non ho tempo per averla. Ma la fame, quella è la cosa da temere veramente».

Com'è nata la collaborazione per «Single Origin»?

«Da tempo avevo

rapporti con lo sponsor Lavazza: con loro c'era il progetto di vivere su un iceberg fino al suo completo scioglimento: una cosa che poteva durare mesi o anni. Il progetto non andò in porto e si pensò a questo programma».

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