All'antica e in vinile Così Jack White dà la scossa al rock

Con l'album Lazaretto l'artista di culto vola subito in testa alle classifiche e batte il record di Lp venduti dal '94 a oggi

All'antica e in vinile Così Jack White dà la scossa al rock

Ci ha preso gusto, proprio lui che è il re dei suoni indipendenti, il trionfo dei contrasti (passa disinvoltamente dal junk blues a Morricone), il musicista di culto per eccellenza, si fa beffe di nuovo delle rutilanti strategie di marketing delle grandi compagnie discografiche. Per la seconda volta in due anni (dopo Blunderbuss) con un disco fatto in casa nel suo studio, vola in testa alle classifiche di Billboard nella prima settimana di vendita. Non solo; l'album Lazaretto ha venduto in America 40mila copie (sempre in una settimana) in versione long playing diventando il vinile più venduto dal 1994, quando i Pearl Jam piazzarono in sette giorni 36mila copie di Vitalogy. (Tra l'altro la versione in LP contiene alcune canzoni nascoste, un brano con due inizi diversi e alcuni ologrammi e ne è stata incisa anche una serie numerata in vinile bianco e blu). Signori ecco Jack White, il rocker antistar che con i suoi suoni fragorosi e virulenti che contengono tutto e il contrario di tutto punta alla nicchia ma piace alle masse. Un esempio? Con i White Stripes (che poi erano lui e la moglie dell'epoca Meg White) nel 2003 ha inciso un blues dal riff selvaggio intitolato Seven Nation Army che si è trasformato in un tormentone cantato negli stadi dai tifosi di mezzo mondo e soprattutto da quelli della nostra Nazionale. White la prese così: «Questo è il bello della musica folk. Anzi, quando qualcuno canta qualcosa che non sa neppure da dove proviene è l'essenza del folk, della musica popolare».
Popolare e fai da te è il motto di questo artista (che s'è conquistato pure un Grammy) che, in Lazaretto, ribadisce il suo amore per il rock diretto e analogico, quello che mescola i suoni garage con l'antico blues, la ruvidità del punk del concittadino Iggy Pop (entrambi sono nati a Detroit)con il gusto per la melodia pop, il rock duro con lo spirito neofolk. Insomma un cocktail ben miscelato che distilla le pagine moderne e dai riff criptici del singolo High Ball Stepper e quelle dell'antico blues Three Women di Blind Willie McTell, insieme a Son House due dei downhome bluesmen preferiti da White. Molti brani dell'album nascono da brevi racconti che White scrisse quando aveva 19 anni: «li ho recuperati, molti erano da buttare nel cestino ma altri interessanti da elaborare come canzoni. Non ho uno stile o un genere perché non scrivo canzoni, le canzoni si formano dentro di me prendendo differenti direzioni». Un suono che si rende attuale guardando al passato, spaziando dal superelettrico all'acustico in sicuro equilibrio tra presente e radici è l'estetica di Jack White e delle sue mille manifestazioni artistiche, ora al fianco di Beck ora di Danger Mouse (leader dei Gnrals Barkley) nel supergruppo Rome che omaggia Morricone, ora alla guida di band come Raconteurs e Dead White, ora come produttore di preziosi album di artisti come Loretta Lynn o Karen Elson (un'altra delle sue talentuose ex mogli).
Ora, tanto per tornare al passato, ai suoi Third Man Studios, White ha appena registrato e prodotto A Letter Home, il nuovo disco di Neil Young, al limite dell'ascoltabilità.

Fanatico dell'alta fedeltà (non ha voluto reincidere alcuni LP come On the Beach perché riteneva troppo grossolano il suono del cd e sta pubblicizzando il suo «Pono», lettore digitale ad altissima fedeltà) ora Young si è chiuso nella cabina Voice-o-Graph di White, un marchingegno del 1947 restaurato che stampa una copia di disco alla volta, e ha registrato classici di Bob Dylan, Everly Brothers, Willie Nelson solo chitarra e voce (con qualche incursione di White) come facevano gli antichi bluesmen, dove i fruscii e i rumori predominano sul suono. Inascoltabile ma anche così si rinnova la tradizione.

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