Anni di piombo in salsa lusitana (con un po’ di Camus)

Convincente il debutto dietro la macchina da presa di Carlos Saboga che partecipa al concorso CineMAXXI con la pellicola "Photo" interpretata da Anna Mouglalis

Anni di piombo in salsa lusitana (con un po’ di Camus)

Tra i film applauditi della quinta giornata della Festa del cinema di Roma segnaliamo «Photo» del portoghese Carlos Saboga, in concorso nella sezione CineMAXII. Saboga è conosciuto dal grande pubblico soprattutto per il suo lavoro di sceneggiatore e per aver fatto da aiuto regista ai più grandi maestri di origine lusitana. Per il suo debutto dietro la macchina da presa ha scelto uno storia paradigmatica del suo modo affatto originale di intendere il cinema. «Photo» racconta la storia di una giovane donna (Anna Mouglalis) che viene richiama nella sua casa parigina per la morte della madre. È l’occasione per chiarire l’origine del suo passato e sapere finalmente chi era suo padre.

La madre, una affermata fotografa, in gioventù ha partecipato attivamente al fervore politico nato dal maggio francese. Ed è rimasta legata a tre esuli portoghesi. Tutti sospettati dalla ragazza di essere il padre che non ha mai conosciuto. E il film racconta questo lungo viaggio alla ricerca di una spiegazione o quanto meno di dettagli che facciano luce su una vita, la sua, passata non soltanto lontano da una famiglia tradizionale ma anche dalla stessa madre celebre fotografa, troppo presa dal suo lavoro per ricordarsi di immortalare i passaggi della crescita della figlia. Da Parigi a Lisbona, la giovane Elsa si muove con freddezza e disincanto mentre il regista affida a vecchie foto in bianco e nero il compito di sostituire l’abusato strumento del flash back.

La pellicola inizia con le stesse parole che usa il narratore-protagonista dello «Straniero» di Camus, e con questo stesso libro condivide un’atmosfera rarefatta ed esistenziale. La protagonista non riuscirà a raggiungere il suo scopo ma il racconto offre il destro al regista per smascherare qualche falso storico e alla giovane protagonista l’occasione di lanciare il suo grido di impotenza. «I giovani di oggi - ricorda lo stesso regista - sembrano quasi paralizzati rispetto al peso e all’esempio dei loro padri che hanno vestito (anche impropriamente) i panni di eroi maledetti di un tempo fin troppo ideologizzato». La pellicola si fa apprezzare proprio per il senso della misura con cui Saboga si muove tra gli attori e la scena.

E riproduce fedelmente quello che è lo stesso manifesto cinematografo del regista: il personaggio prima del racconto, l’attore prima della telecamere, il corpo prima della psicologia, le voci più dei volti e il non svelato più del visto come chiave del film.

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