Antigone secondo Valeria Parrella

Se il linguaggio, come dice George Steiner, è un mezzo di coercizione e di propaganda, non c'è da dubitare che l'illustre francese che studia da tempo la filosofia del linguaggio, sarebbe entusiasta della pièce di Valeria Parrella. Che, conforme ai dettami da lui espressi, ha appena varato l'ennesima rilettura del mito di Antigone. In una pièce lucida e disperata che, rifacendosi alla struttura sofoclea, allinea in modo sorprendente l'odierna riflessione su un tema dibattuto come l'eutanasia al destino che inesorabile sovrasta chi, essendone fautore, recide il filo di una vita da tempo limitata a pura sopravvivenza biologica. In un testo dove il coro, sdoppiato, insegue e commenta la struttura binaria che informa ogni scansione del mito. Riflettendosi vuoi nel contrasto tra il Legislatore, ossia Creonte, in feroce opposizione al figlio Emone vuoi nel connubio dialettico che spinge Tiresia contro il tiranno vuoi addirittura nell'aspra dialettica iniziale che vede il Creonte di un tempo rifarsi sul Guardiano del corpo martoriato di Polinice.
In un risultato letterariamente composito, qua e là solcato da immagini icastiche che tuttavia, nell'irrisolto connubio con le maschere del mito, sbanda in un pericoloso degrado del linguaggio.

Cui per fortuna si oppone, salvando lo spettacolo da un involontario grottesco, la bella regia di De Fusco che, nella scena cupa e cimiteriale dell'ispirato Maurizio Balò, sposa cinema a teatro in un locus solus di mirabile potenza dove spicca la protagonista Gaia Aprea che domina superbamente la scena.
ANTIGONE - di Valeria Parrella Teatro Stabile di Napoli. Regia di Luca De Fusco, con Gaia Aprea. In tournée.

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