"Da Arbore a Fazio alla radio restando sempre lo stesso"

Oltre fiction e varietà, l'attore lancia il "Progettone" su Radio2 "Vorrei essere una maschera come Totò, che non cambiava mai"

"Da Arbore a Fazio alla radio restando sempre lo stesso"

Il bello di Frassica è che non si sa mai come va a finire. È sempre lo stesso però resta imprevedibile. Si prepara ma poi improvvisa, è gregario e solista allo stesso tempo. Dopotutto da trent'anni, da quella fucina surreale di Quelli della notte, lui non è cambiato di una virgola. Cambiano i contesti, quelli sì: la fiction Don Matteo, Che fuori tempo che fa con Fazio, la radio con Programmone e, ora, anche con il Progettone sempre su Radio2. «L'ho capito al bar che funzionavo» spiega lui in auto girovagando per la Sicilia. «E da allora non ho mai voluto diventare altro». La sua ragione sociale è nella battuta che dà il titolo all'autobiografia del 2014: «70 per cento vero, 80 per cento falsa». E, da quando lasciò quello strambo messaggio sulla segreteria telefonica di Arbore, ha costruito pian piano un linguaggio comico fatto di sillogismi folli, accostamenti imprevedibili, manomissioni di parole e significati. Surreale. Popolare eppure raffinato. Soprattutto sganciato dall'attualità e persino dalla politica.Già, Frassica, in tanti anni da lei mai una battuta politica, un'allusione, una presa di posizione.«Nooo, la politica è una specializzazione che non mi interessa, non seguo quelli che fanno satira, non è il mio genere».Perché?«Se guardi una vignetta di tre anni fa non capisci neppure che cosa voglia dire, è troppo legata a quel particolare momento. Io vorrei essere una maschera con il proprio linguaggio. Prenda ad esempio Stanlio e Ollio: loro mica cambiavano, erano sempre gli stessi. O Totò, cambiava il copione, non lui».Lei cambia anche scenario: ora c'è la radio.«Da qualche mese vado in onda con il Programmone, ora c'è il Progettone che è una sorta di spin off. Dieci puntate da dieci minuti l'una (dal lunedì al venerdì dalle 11.50 alle 12 su Radiodue - ndr) nelle quali parlo dei progetti prossimi venturi».I suoi quali sono?«Io farei ancora radio. Quello che non posso portare in tv lo utilizzo lì, non c'è limite».Non che lei ne abbia molti, più che altro improvvisa.«In realtà ho degli appunti, me li segno ma non ho mai un testo da seguire. So dove andare a parare ma improvviso come arrivarci».Però ha bisogno di tempo.«Da Fazio in Che fuori tempo che fa ho cinque minuti fissi alla fine, un minuto all'inizio e poi intervengo qui e là, i limiti sono inevitabili e ben precisi».Continuerà fino alla fine della stagione?«Ero stato chiamato per una sola puntata. Poi due. Poi tutte e quindi arriverò fino alla fine».Da Arbore a Fazio.«Quelli della notte era esclusivamente surreale, era vietato usare la logica. Da Fazio sono soltanto momenti, ma sento la stessa aria intelligente e posso anche azzardare un po'».Invece la fiction?«Girando Don Matteo mi devo fermare subito. È vero che improvviso molto ma il surreale lo sfioro soltanto».Molti lamentano che il varietà classico non esista più.«Si è trasformato. Si sente sempre parlare di Studio Uno, dei programmi di Antonello Falqui, guardiamo filmati vecchi e rimpiangiamo quei tempi. Però mi chiedo se piacerebbe ancora quel tipo di tv lì».

E che cosa si risponde?«Prima di iniziare a girare Don Matteo (finiremo le riprese della nuova edizione il 13 febbraio) mi sono guardato lo sceneggiato I racconti di Padre Brown con Renato Rascel: oggi è quasi inguardabile, lentissimo. I tempi sono cambiati e anche la tv non può più essere la stessa».

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