Gli attori nelle case e nei «bassi» con spettatori al seguito

Gli attori nelle case e nei «bassi» con spettatori al seguito

Il teatro di Eduardo è vivo e vegeto e pulsa nel palcoscenico a cielo aperto dei vicoli napoletani ma anche nelle sperimentazioni del giovane teatro di ricerca. Un esempio felice lo si può avere in questi giorni al Napoli Teatro Festival ben diretto da Luca De Fusco che fonde in cartellone blasoni internazionali come Peter Brook o Bob Wilson con le esperienze autoctone di un territorio avvezzo in tutte le arti al dialogo fra tradizione e contemporaneità. Napoli interno giorno, scritto dal giovane Carmine Borrino, diretto da Marco Luciano e interpretato dai bravi attori della compagnia CRASC, è una full immersion nella commedia tragica di puro stampo eduardesco ma con un palcoscenico proiettato nei luoghi della quotidianità: un vicolo, uno studio medico, la cucina di un «basso». Venticinque spettatori siedono in circolo nello stanzone di un antico edificio a due passi dal vicolo dei presepi. Al centro della scena un medico della mutua è seduto privo di camice alla scrivania intento a impartire finte prescrizioni alla vigilia delle agognate ferie. La scena si sposta in strada e attorno agli attori inizia lo spettacolo nello spettacolo: gli spettatori, infatti, seguono gli attori nella loro commedia itinerante attraverso i vicoli stretti, mentre all'esterno gli abitanti dei vicoli assistono e partecipano alla sceneggiatura arricchendo il testo. Le mura dei vasci, si sa, hanno le orecchie, e anche quando la compagnia abbandona il viavai turistico per inoltrarsi nel vicolo solitario della scena successiva, capita che alle battute degli attori segua il commento colorito di una vecchia appollaiata in veranda o invisibile dietro la grata di una bocca di lupo. Lo spettacolo scivola così in uno spazio temporale dove realtà e fiction finiscono per confondersi. Dal marciapiede il gruppo si sposta in un soggiorno kitch-barocco che in realtà è il salotto di una delle famiglie napoletane che hanno prestato la propria casa come location. Le urla dell’attrice contro il figlio aspirante neomelodico infrangono la canicola e il silenzio dello stabile, eppure nessuno dei (veri) condòmi sembra scomporsi: da queste parti sentimenti ed emozioni sono spesso eclatanti, teatrali appunto.

Poi l’ultimo atto che si consuma, secondo la migliore tradizione eduardesca, davanti a una tavola apparecchiata e ovviamente imbandita di vere pietanze con l’immancabile ragù. I commensali, però, sono stavolta anche i 25 spettatori che mangiano seduti ad un palmo dagli attori perchè il teatro, diceva Eduardo, «significa vivere sul serio quello che gli altri nella vita recitano male».

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