Baffi, ossessioni e pennelli I gatti, che capolavori

Dalle incisioni rupestri a Banksy, una storia dell'arte "felina". Per gli Egizi erano dèi, per Balthus sesso, per Picasso violenza

Baffi, ossessioni e pennelli I gatti, che capolavori

Le proporzioni sono perfette, la forma elegante, i movimenti aggraziati, i colori, per razza e mantello, coprono l'intero spettro cromatico. E le pose sono da ritratto. Ecco perché i gatti, che in sé sono capolavori della Natura, hanno così tanto a che fare con l'arte.

Il cane è il miglior amico dell'uomo. Ma il gatto, che è il miglior amico di se stesso, è troppo intelligente per darsi anima e zampe a un essere mediamente così stupido come l'umano. Con una eccezione, però: pittori, scultori, grafici, disegnatori (citiamo solo il gigantesco Saul Steinberg), vignettisti, caricaturisti e graffitisti (delle caverne e delle periferie urbane...). Gli artisti hanno sempre adorato i gatti, e - a loro modo per quanto riguarda i felini - viceversa. Meow.

Qualche esempio (fra tanti da farne una mostra tematica), e solo per stare al Novecento, diciamo sezione «gatti d'avanguardia»: Leonor Fini era ossessionata dai gatti, e si circondava nei propri atelier di intere colonie feline (molte figure femminili nei suoi quadri venivano trasformate in sfingi, metà donne metà felini, e in alcuni studi le ragazze hanno teste di gatto; e comunque il suo capolavoro gattesco è il dipinto Domenica pomeriggio del 1980 con cinque ragazze stipate in un armadio insieme a sei grossi gatti). Andy Warhol a un certo punto aveva 25 gatti, e l'opera di culto sono i disegni per il libricino 25 Cats Name Sam and One Blue Pussy (1954, in edizione originale è rarissimo). Joan Mirò li fece entrare spesso nelle sue tele. Picasso li adorava e li ritrasse con una certa frequenza, associandoli quasi sempre a una spietata violenza omicida nei confronti di uccelli e altri animali, oppure immortalandoli in atteggiamenti di insofferenza verso gli uomini, come nel dipinto Jacqueline con gatto (1964). Mentre Balthus, seguendo una linea simbolica lunga un paio di millenni, li ricollega alla sessualità femminile - la gatta, le chat, pussycat... - tanto che in uno dei suoi quadri più noti (travolto ultimamente anche dalla furia politicamente corretta e dalla caccia alle streghe del #MeToo), Thérese che sogna (1983), l'adolescente dalle cosce scoperte ha ai suoi piedi un magnifico gatto rosso che lecca il latte da un piattino... E per il resto, molti maestri contemporanei hanno trasfigurato, esasperato, distorto, semplificato, riletto, reinventato forme gattesche e feline: Paul Klee (Gatto e uccello del 1928 è imperdibile), Chagall, Picabia, Alberto Giacometti, Frida Khalo, David Hockney e per quanto riguarda le arti-star, Ai Weiwei di gatti ne possiede una quarantina...

Arcigatti, Madonne col gatto (c'è uno studio meraviglioso di Leonardo da Vinci per un dipinto mai realizzato), gatti rupestri, gatti nei bestiari, gatti satanici (incisioni, xilografie e manoscritti illustrati d'epoca cristiana e soprattutto controriformista), gatti naïf, primitivi, tribali, persino gatti caleidoscopici (quelli che Louis Wain, 1860-1939, disegnò negli ultimi anni di vita, rinchiuso in manicomio) e gatti d'Oriente.

Moine&pennelli, il catalogo è questo. L'ha compilato un celebre etologo, il britannico Desmond Morris, appassionato di zoologia e di arte. La scimmia è nuda, ma i gatti hanno mille abiti: di pietra, bronzo, marmo, mosaico, di olio, di legno, di inchiostro... Sono I gatti nell'arte (Johan&Levi, pagg. 224, euro 28), una storia, più sociale che strettamente estetica, degli artisti gattofili, dalla notte dei tempi (il gatto dal collo lungo risalente al Paleolitico inciso su una parete della grotta di Gabillou, in Francia) al graffito di Banksy su un muro diroccato di Gaza che raffigura Gatto che gioca con una palla di metallo attorcigliato (2015). «Un uomo mi ha chiesto cosa significasse la mia opera - commentò il misterioso artista sul suo sito - e ho spiegato che volevo mostrare la distruzione di Gaza mettendo delle foto online, ma che la gente su internet guarda solo foto di gattini...».

Teneri gattini, dèi (gli antichi egizi li veneravano perché tenevano lontani i topi dai granai su cui si basava la sopravvivenza della loro civiltà), sulfurei gatti neri (malefici sodali del demonio) e gattoni. L'opera più spettacolare è la zuffa tra gatti issati sulle zampe posteriori risalente a settemila anni fa, scoperta in Libia, nel sito archeologico di Wadi Mathendous. La più affascinante il gatto domestico legato a una gamba del tavolo che guarda affamato la scodella di cibo, dipinto nella tomba di May, in Egitto, XVIII dinastia, 1500 a.C. La più grande è il murales dello street artist noto con lo pseudonimo Sam3 apparso su un negozio dell'East End londinese. La più bella, naturalmente, è a scelta. Per noi sono due. La Donna con gatto (1525) del fiorentino Francesco Ubertini detto il Bacchiacca. E il ritratto del romanziere Pierre Loti (1891) con il suo gatto randagio adottato, firmato da Henri Rousseau. Ma ce n'è da sbizzarrirsi. Qui c'è, se non tutto, di tutto.

Certo ci sono dimenticanze (la più eclatante è l'Annunciazione di Recanati di Lorenzo Lotto, 1534, col gattino che fugge spaventato all'apparizione dell'angelo inarcando la schiena, simbolo della sconfitta

del Male ma anche segno garbato d'ironia). Ma alla fine della sterminata galleria di opere a tema, rimane un mistero. Perché per ogni artista che ritrae un'altra specie animale, ce ne sono cento che hanno preferito i gatti?

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