Da Baggio a Barenboim è il Festival dell'ospitata

Fazio scopre le carte. Sul palco dell'Ariston sfilerà un esercito di vip o sedicenti tali. L'esclusa Oxa: "Fabio è solo un ciambellano del potere"

Da Baggio a Barenboim è il Festival dell'ospitata

nostro inviato a Sanremo

Dopotutto era nell'aria: sarà un Festival fazioso nel senso di Fabio Fazio, ossia scanzonato, leggero mai aggressivo. E pieno di ospiti, che la spending review obbliga a essere a portata di mano e di portafogli. In poche parole: sarà un Festival dell'italianità senza glamour hollywodiano. Una lista quasi sterminata di ospiti che Fazio («È il mio Festival fatto in casa») e la coconduttrice Luciana Littizzetto («Farò l'imbecille come al solito ma sarò diversa dai siparietti di Che tempo che fa») hanno annunciato ieri nella rituale conferenza al Casino. Da Carla Bruni a Roberto Baggio passando per Caetano Veloso, Beppe Fiorello, Claudio Bisio, Asaf Avidan, Neri Marcorè, la sorpresa Antony Hegarty di Antony and the Johnsons e le due supertop Bar Refaeli e Bianca Balti, il Festival numero 63 sarà un mosaico con tantissimi tasselli. Per capirci, è stata persino «inventata» la categoria dei «proclamatori», ossia di chi salirà sul palco giusto per un annuncio volante, magari giusto il titolo di una canzone: da Marco Alemanno, compagno di vita di Lucio Dalla, fino alle sorelle Parodi, Ilaria D'Amico, Carlo Cracco, Roberto Giacobbo, Martina Stella, Filippa Lagerback, Flavia Pennetta e via elencando (forse anche Baudo e Carrà). Certo, un modello vicino a quello del Fazio 1999 sempre qui all'Ariston. Ma anche una scelta quasi obbligata visto che sono quasi tutti a rimborso spese (massimo 20mila euro per gli stranieri). Perciò l'edizione dello spread celebrerà la mescolanza di alto e basso, di musica popolare e di quella che Fazio ha chiamato «musica arte», ossia la classica. Sin dal martedì sera con un omaggio a Verdi e una «sorpresa». Poi arriveranno il maestro Daniel Barenboim, che probabilmente suonerà Chopin al pianoforte, e ancora uno dei giovani direttori più famosi nel mondo, Daniel Harding (37 anni), fino ad Andrea Bocelli in scaletta sabato sera. Per farla breve, da Al Bano alle sinfonie, in cartellone c'è tutta la musica a disposizione (senza considerare le collaborazioni del venerdì come quella della leggenda jazz Franco Cerri con Simona Molinari). «Lo spirito è quello di una vacanza» ha detto Fazio e sarà per forza così: a una settimana dalle elezioni, con il portafoglio bloccato e la par condicio, è difficile immaginare deragliamenti polemici. «Saremo rispettosi, sorridenti e allegri». A proposito: il direttore di Raiuno Giancarlo Leone ha precisato che a tenere a bada gli interventi di Littizzetto&Co. basterà «il buon senso». Vedremo.

Senz'altro questo è il primo Sanremo con il mondo tv completamente digitalizzato. E le prospettive di share sono quindi incerte. Leone mette le mani avanti: «In pochi anni Sanremo è passato dal 35% fino al 47. Saremmo contenti di un ascolto compreso tra queste due cifre». In sostanza, sopra il 40% va bene tutto. Per ora. Poi vedremo. Intanto ci sono le canzoni, ben 28, giudicate nelle prime due serate dalla sala stampa e dal televoto e poi nella finale sempre dal televoto e dalla giuria di qualità, presieduta da Piovani e formata anche da Verdone e Nicoletta Mantovani, oltre che da Dandini, Giordano, Cecilia Chailly, Bartezzaghi, Coccoluto, Rita Marcotulli e dalla Abbagnato. Nando Pagnoncelli di Ipsos, che si occupa dei rilevamenti, spiega che «è una delle formule di voto più bilanciate degli ultimi anni». Tutto calcolato. E tutto silenziato.

A dare qualche brivido saranno soltanto gli imprevisti, come ad esempio l'arrivo di una polemica Anna Oxa, da settimane calata nel ruolo di vendicatrice generazionale, scatenata com'è nel lamentare la scarsa «democrazia del sistema» e, nel concreto, la mancanza dei cantanti della cosiddetta vecchia scuola sanremese. Ieri si è piazzata in prima fila davanti a Fazio e poi a fine conferenza stampa ha scatenato le sue delusioni di (presunta) esclusa: «Sono stata bocciata per ragioni politiche», e poi: «Sanremo è un sottoprodotto del Primo Maggio. Non è per gli artisti ma per il sistema», e ancora: «Fazio è un ciambellano del potere».

E insomma, mentre la torinese Littizzetto si frega le mani in attesa della torinese Carla Bruni («Ho un sacco di cose da dirle...»), il primo Sanremo prelettorale della storia si è presentato alla solita maniera, fra squilli e petardi. E forse è giusto così.

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