Il Banco del Mutuo Soccorso non cambia: «Dopo 25 anni siamo sempre prog rock»

Dopo la scomparsa del mito Di Giacomo, esce il disco «Transiberiana»

Ferruccio Gattuso

Il mondo è diventato un grande salvadanaio e, a parte la citazione di sé stesso dalla cover dell'album d'esordio del 1972, il Banco del Mutuo Soccorso in questa trasformazione non ha molto da festeggiare. Anzi, ci racconta di una tragedia etica nel modo che sa fare: con un diluvio di (ottima) musica e di parole evocative e essenziali. «La globalizzazione ci ha fregato spiega il leader storico della band Vittorio Nocenzi . Ci ha riempito di paccottiglia fisica e morale. Io, da laico, dico che la vita è innanzitutto spirito, e non materia. E dobbiamo smettere di vivere la vita come se fosse un film, come fanno tanti sui social».

Così, di ritorno sulle scene discografiche dopo venticinque anni tondi dall'ultimo disco 13, la storica band del rock progressivo italiano colloca un mappamondo a forma di salvadanaio sulla copertina di Transiberiana (Sony), in uscita il 10 maggio. Su quel mappamondo, un percorso evidenziato, ad attraversare un continente sterminato come l'Asia. C'è un treno simbolico su quei binari e alla guida siede il Banco, di oggi ma anche di ieri: «A noi piace immaginare che, col naso appoggiato ai finestrini, osservando il paesaggio che scorre davanti ai loro occhi, ci siano anche Francesco e Rodolfo con noi», spiega con la voce asciutta Vittorio Nocenzi. Francesco Di Giacomo, la voce barbuta e icona del Banco, e Rodolfo Maltese, storico chitarrista della band, sono scomparsi nel 2014 e nel 2015 ma l'appuntamento con quel treno non l'hanno perso. Transiberiana non può che essere un album-concept, di quelli che non hanno vincoli, «che potrebbero avere un brano di diciannove minuti così come uno di diciannove secondi, e se ne fregano dell'air play in radio»: ne ha undici inediti, dalle spalle larghe capaci di reggere scatti rock in tempi irregolari, virtuosismi jazz e blues, inserti sinfonici, placide distensioni di tastiera, insomma il ricco bagaglio di quel genere prog che, negli anni '70, ipnotizzò la scena internazionale. A chiudere, due brani storici live come bonus: Metamorfosi e Il Ragno. «Ci siamo imposti di non fare il verso a noi stessi, di evitare il manierismo spiega Nocenzi . Doveva essere un disco vero, che mostrasse chi siamo ora e cosa pensiamo ora. Non un disco alla ma del Banco. Ed ecco perché è nato ora. È figlio delle nostre riflessioni su questo mondo». Riflessioni che sono innanzitutto di Nocenzi con il figlio Michelangelo, una new entry che ha stupito l'intera band. Lui resta dietro le quinte ma, spiega il padre orgoglioso, «è il mio alter ego musicale, grazie a lui ho riscoperto la voglia di scrivere».

Tra i titoli del disco, anche I ruderi del gulag, dal titolo lugubre ma efficace: «Pietre per intrappolare le idee», canta la voce di Tony D'Alessio, stagionato ex concorrente di X Factor chiamato a sostituire il mito di Di Giacomo. E il senso è chiaro. «Non siamo riusciti a trasmettere quello che volevamo - conclude amaramente Nocenzi dunque la mia generazione ha fallito». Ma a suonare, è il sottinteso, siamo ancora meglio noi.

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