«Basta drammi e gossip Con il mio Buongiorno accendo una tv serena»

In fondo le belle imprese spesso nascono così: in silenzio. A ottobre Paola Saluzzi ha lanciato senza troppi proclami il suo Buongiorno Cielo (ogni mattina dal lunedì al venerdì su Cielo, appunto). E ora, al termine della prima stagione conclusa il 29 giugno, raccoglie gli applausi più veri. È stato il volto nuovo del mattino televisivo, proprio lei che conduceva Unomattina con Luca Giurato nel 1998, e ha convinto tutti grazie a una linea editoriale tranquilla e poco strillata. Lei, che è torrenziale quando parla e ha voce che ride, la spiega così: «Penso di fare una televisione radio».
Scusi signora Saluzzi?
«Sì una televisione zeppa di serenità. Non per nulla, uno dei punti forti di questa edizione è stato lo spazio garantito a chi si è reinventato la vita trovando un nuovo lavoro grazie a idee innovative. Non facciamo confronti con altre reti e altri format. Noi siamo così».
Ma la cronaca è comunque irrinunciabile.
«E difatti, quando purtroppo c'è stato il terremoto in Emilia, abbiamo avuto collegamenti continui con gli inviati di SkyTg24».
Difficile per lei parlare di brutte cose. Al mattino presto, poi.
«Sono un'allodola nata. E sono malata di buonumore».
Scusi?
«Ho sempre in mente quel film di Vittorio De Sica, Miracolo a Milano, nel quale in sostanza i protagonisti vanno verso un mondo nel quale “un buongiorno è veramente un buongiorno”».
Ma la confermeranno anche nella prossima stagione?
«Entro poche settimane si dovrebbe sapere».
Se fosse?
«Mi piacerebbe arricchire l'interazione con i telespettatori. Anche attraverso Twitter. A me piace molto l'idea di portare alla luce le cosiddette “vite degli altri”. Dove gli altri sono persone creative e positive che hanno saputo ricostruire il proprio futuro».
E basta?
«Beh, confesso che se si potesse allungare la durata del programma non mi dispiacerebbe. E vorrei anche allargare lo sguardo che Buongiorno Cielo riserva al cinema».
I film sono spesso un diario della cronaca.
«Una volta Alberto Sordi mi disse: “Ricordati che tu hai sposato il tuo pubblico. E quindi lo dovrai rispettare per sempre”».
Scusi ma come fa un conduttore a rispettare il proprio pubblico?
«Non si deve far notare troppo».
Prego?
«Ha presente le collane di perle? Quelle di gran pregio, intendo. Il filo che le unisce neppure si nota. E, se si nota, è davvero impercettibile. Penso che il mio ruolo debba essere questo».
Adesso non va tanto di moda.
«Mi ricordo quello che tanto tempo fa era la regola del New York Times: “Ricordati che stai scrivendo per il tuo lattaio”.
Positività insomma.
«Sempre».
Sarà un caso che sabato sera presenta con Luca Ward su Raiuno Una notte per Caruso.
«L'obiettivo è quello che condivido fino in fondo: esaltare il valore della nostra cultura, da Caruso a Carlo Buti a Lucio Dalla».
Qualcuno pensa che questo tipo di premi sia solo stucchevole.
«No, credo che a noi spetti di rispettare un dovere fondamentale: esaltare quanta bellezza ci sia nel nostro paese. Questo è lo scopo del Premio Caruso. E, se posso dirlo, quella volta che mi è capitato di entrare sulla terrazza della suite Caruso dell'Hotel Vittoria a Sorrento ho capito quale sia davvero uno dei nostri segreti di italiani: la bellezza».
Non basta.
«Posso aggiungere che l'autore del programma, Vittoria Cappelli, è un amante assoluta dell'arte e della bellezza. non a caso suo papà è stato sovraintendente dell'Arena di Verona». Forse in questo momento storico c'è più bisogno di rifugiarsi nelle cose belle. Non per nulla è aumentata la voglia di stare insieme e di godere delle piccole condivisioni».


Dice che siamo alle soglie di un nuovo “neorealismo”?
«Certo, le atmosfere dei film con Aldo Fabrizi, Giulietta Masina, Alberto Sordi o Maurizio Arena sono meravigliose, quella è l'Italia che tutti, credo, vorremmo rivedere».

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