Basta con gli squali, ora in Australia si va a caccia di conformisti

L’ultima commedia di P.J.Hogan mette al centro della storia il confine labile tra pazzia e sanità mentale, regalando un ritratto irriverente della terra dei canguri

Basta con gli squali, ora in Australia si va a caccia di conformisti

Immaginarsi una Mary Poppins del XXI secolo è difficile. Ci ha provato (e ci è anche riuscito benissimo) P.J. Hogan il regista australiano che ha presentato fuori concorso al Festival del cinema di Roma il suo ultimo lavoro «Mental». La protagonista (una eclettica e strepitosa Toni Collette) si assume, infatti, il compito di raddrizzare la vita quotidiana di una famiglia dove un padre assente per lavoro e ambizione politica e una moglie spedita senza tanti complimenti in manicomio soltanto per la sua fragile allegria e disponibilità rendono praticamente orfane cinque figlie confuse e insicure di tutto. Shaz, questo il nome della governante, è stata raccattata per strada da un padre (Anthony LaPaglia) troppo distratto da se stesso per rendersi conto che un’autostoppista non è proprio la persona più adatta cui affidare la vita delle proprie figlie. Inoltre Shaz è una testa calda che non si separa mai dal suo coltello da caccia e dal suo rotweiler ringhioso. E se questo non bastasse, la storia viene ambientata in una immaginaria cittadina australiana Dolphin Heads, praticamente ossessionata dal conformismo. Shaz avrà buon gioco nel dimostrare alle cinque ragazzine che a essere pazzi sono soltanto coloro che costringono gli altri a sottomettersi a regole stupide e troppo soffocanti, però non potrà alla fine nascondere la propria fragilità di donna. Un tallone d’Achille che la renderà ancor più apprezzabile nel finale a sorpresa.
Ovviamente il film, scritto dallo stesso regista, offre un plot molto più articolato e complesso. E ci consente, tra l’altro, di apprezzare anche il lavoro di scrittura che è stato fatto attorno a questo nucleo. La sceneggiatura è brillante e sposta spesso il baricentro tra la commedia e il dramma con estrema naturalezza. Senza dimenticare che le irriverenti e ironiche digressioni sul carattere degli australiani regalano al pubblico anche un gustoso ritratto di una nazione così lontana ed esotica per noi.
Va comunque precisato che il presupposto narrativo non è così improbabile come siamo tentati di credere osservando un uomo adulto, e in teoria responsabile, caricare un’autostoppista come futura governante delle figlie. E infatti è lo stesso regista a confermare che alla base del racconto c’è la sua esperienza personale. Quando aveva dodici anni Hogan ha visto portar via sua madre perché colpita da un esaurimento nervoso.

Non sapendo come fare per gestire cinque figli e un lavoro, il padre si è visto letteralmente costretto a ingaggiare la prima ragazza disponibile incontrata per strada. Cose che succedono nella vita e che solo il grande cinema riesce a trasformare in commedie brillanti ma umanamente profonde.

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