Coraggio e passione. Ovvero, quando l'arte diventa qualcosa di più, allontanandosi dagli stucchevoli accademismi, dal qualunquismo insopportabile dell'io protagonista, dallo stile manierista ed esasperato. Se poi si tratta di fotografia, questo è ancora più importante, vista la gran quantità di narcisi che si autoimmortalano convinti che l'universo coincida con il loro ombelico.
Intendiamoci: forse la fotografia pura, quella di reportage in particolare, non è nemmeno arte, ma un'altra cosa, più vicina alla realtà o almeno a ciò che noi pensiamo debba essere. Ha una sintassi, una grammatica e regole più importanti della sperimentazione formale. Letizia Battaglia, infatti, non senza una punta di malizia preferisce definirsi «una persona normale» e non una fotografa. Fotografa e donna, per giunta del Sud, quando ancora la componente femminile era ben lontana dall'affermarsi per via di pregiudizi e chiusure.
E ora che ha 82 anni, buona parte dei quali vissuti pericolosamente, il MAXXI di Roma le dedica un doveroso omaggio. La mostra «Per pura passione», da oggi al 17 aprile 2017, raccoglie oltre 200 lavori, tra foto, provini, vintage print e materiali d'archivio, di questa tostissima signora siciliana, nata a Palermo nel 1935. Il primo scatto è datato 1969, ed è il ritratto della giovane prostituta Elsa Montano, quando, reporter per L'Ora, doveva recarsi con la macchina fotografica sui luoghi dei delitti e delle cronache nere, come un Weegee del Mezzogiorno. Proprio la sua adesione drammatica alla realtà, ripresa in un rigoroso bianconero, è la prima motivazione per l'assegnazione a lei nell'85, prima fotografa europea, del prestigioso «Eugene Smith Award» a New York.
A Palermo dunque compie il proprio apprendistato. Si sposa, ha due figli, poi lascia il marito e se ne va a Milano. Per un curioso gioco di destini incrociati da L'Ora passa a collaborare per Le Ore, un rotocalco simil porno che si trovava nelle barberie, e dove il sesso fa il paio con i delitti d'onore. Foto sconosciute, pressoché inedite che i curatori (Paolo Falcone, Margherita Guccione, Bartolomeo Pietromarchi) tirano fuori da chissà quale cassetto segreto. A Milano e a Genova frequenta l'ambiente della politica, degli scontri di piazza degli anni '70, fotografa Pasolini, ma c'è troppa poesia e sensibilità nel suo sguardo per farsi asservire al giogo delle ideologie.
Letizia torna a Palermo dopo che il suo nome ha cominciato a girare. A questo punto le sue foto diventano le icone della seconda guerra alla mafia, la più cruenta e spaventosa. È lei a cogliere gli occhi profondi di Giovanni Falcone al funerale di Carlo Alberto dalla Chiesa; è sul cadavere di Piersanti Mattarella, con il fratello Sergio; testimonia la cattura del boss Leoluca Bagarella. Di questa lotta coglie l'emblema più autentico, il volto della vedova Schifani, moglie di un umile servitore dello Stato.
Così 120 foto vengono stampate in grande e allestite tutte insieme nella sezione Anthologia, dove oltre alle testimonianze contro la criminalità organizzata c'è tutta Palermo, i quartieri popolari e quelli borghesi o nobili, le istituzioni e le facce comuni. C'è, inoltre, un altro lavoro pressoché sconosciuto, il reportage alla Real Casa dei Matti nell'ospedale psichiatrico di via Pindemonte. Battaglia, che dice di amare profondamente Diane Arbus, forse si ispira alla grande americana per sondare senza retorica la follia. E Franco Maresco, regista autenticamente siciliano, le fa raccontare in un video proprio questa fase misconosciuta della sua carriera.
Non si parli però di Letizia Battaglia come di una artista dall'impianto neorealista, pur non disconoscendone la matrice. Se di questo si tratta, allora è giusto citare La terra trema di Luchino Visconti, non oltre. Ma c'è altro: l'interesse per il teatro, dal Futurismo a Grotowski, la ritrattistica, da Guttuso a Ilona Staller, lo studio sul corpo della donna, nei lavori realizzati a partire dagli anni '80, forse non memorabili, ma cui tiene molto.
Infine un'importante attività editoriale, con pubblicazioni indipendenti quali il primo e unico numero della rivista Fotografia (1986), Mezzocielo (1991) un periodico di sole donne e le Edizioni della battaglia, risposta agli attentati a Falcone e Borsellino, progetto di oltre cento volumi fra saggi di critica letteraria, traduzioni, libelli politici e di documentazione, che ne testimoniano l'impegno sociale che va oltre la fotografia, dove Letizia è davvero grande maestra.
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