Bellucci: "Con le mie rughe faccio innamorare Kusturica"

In "On the milky road" l'attrice si mostra spericolata e passionale come "è stata la mia Bond Girl in 007"

Bellucci: "Con le mie rughe faccio innamorare Kusturica"

da Venezia

«Tu sei per me la più bella del mondo e un amore profondo mi lega a te». Monica Bellucci sussurra questi versi della canzone di Marino Marini e, non solo Emir Kusturica, interprete e regista di On the Milky Road, s'innamora della splendida cinquantaduenne (il 30 settembre) di Città di Castello. Kusturica torna nel concorso veneziano, 35 anni dopo Ti ricordi di Dolly Bell? con cui, ventisettenne, vinse il Leone d'oro e ora punta tutto su Monica Bellucci: «L'ho sentita parlare in tv e mi sono reso conto che anche la sua voce non era mai stata sfruttata al meglio al cinema. Mi sono poi chiesto perché una donna così bella non fosse mai stata ripresa in questo modo, aveva proprio bisogno di una messa in scena che esaltasse maggiormente le sue doti». Ecco dunque il personaggio di Monica Bellucci che fa innamorare quello interpretato dallo stesso Kusturica che si sta per sposare con la ragazza del paese ma perde la testa per la donna italiana con cui cercherà di fuggire. Il tutto sul finire della guerra nell'ex Jugoslavia tra spari, bombe, mine, una moltitudine di animali e musica, tanta musica con balli e canti. Regia adrenalina che non disdegna sequenze oniriche, fantastiche. Insomma il rocambolesco marchio di fabbrica di Kusturica.

«Si sa che io preferisco mangiare un piatto di pasta più che fare ginnastica ma qui ho deciso di prendermi dei rischi, ho patito il freddo, la paura, ho saltato come gli stunt. L'ho fatto perché è eccitante lavorare con Kusturica che si mette sempre in gioco. Ad esempio è stato il primo a entrare nell'acqua gelata nella sequenza del laghetto e io non ho potuto certo dire di no. Durante i film si fanno cose che non si fanno nella vita», rivela l'attrice di cui si è già parlato prima che arrivasse al Lido per via di un servizio fotografico acquatico senza veli apparso su Paris Match e per il quale non prova giustamente alcun imbarazzo. «E perché dovrei - incalza - dopo un po' il tempo passa e la bellezza prende altre forme. Inizio a pensar che le rughe siano belle e poi tanto tutto dipende dalla luce del fotografo che magari ti glorifica, come su Paris Match, o ti distrugge, come su Vogue Uomo in cui si vedono chiaramente rughe e occhiaie».

Sorprende sempre Monica Bellucci, pacifica e pacificata con la vita, con il lavoro, con la famiglia e sempre autentica: «Ho due figlie femmine, diversissime tra loro, le dico sempre che se danno importanza solo alla bellezza non dureranno niente». Probabilmente è anche a partire da queste considerazioni che l'attrice è stata subito conquistata dal personaggio di questa donna «non più giovane che ha vissuto un po' tutto nella vita, una donna potente che si immola per amore un po' come la lupa». E prosegue: «La donna che ho interpretato nell'ultimo film di James Bond era già un po' così. Sono contenta che oggi per le donne la carriera non si chiuda a 40 anni ma che ci sia una voglia di rappresentarle anche senza la bellezza della gioventù».

Certo, se ti chiami Monica Bellucci, tutto è un po' più facile, anche a 52 anni splendidamente portati. Quasi tutto però, perché imparare la lingua serba «è stata una fatica pazzesca, ero molto agitata e intimidita anche se Kusturica mi diceva di non preoccuparmi». Ma lei si lancia sempre nei progetti in cui crede perché, dice, «viene da un terra di santi e di pazzi che mi ha molto segnato e, quando la pazzia diventa santità, tiro fuori la parte di ombra che sento dentro di me». La vedremo allora anche nell'attesissimo nuovo Twin Peaks di David Lynch su cui non può dire nemmeno una parola mentre racconta la recente partecipazione nella serie tv Mozart in the Jungle: «Sono una cantante d'opera che lascia le scene perché sente che la sua voce non funziona più.

Il personaggio interpretato da Gael García Bernal è pazzo di me e cerca di farmi cambiare idea». Sempre Monica e sempre la bellezza: «La considero un grandissimo dono, perché tanto basta aspettare un pochino e poi passa».

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