"Il benessere capitalista fermò la schiavitù"

Parla lo storico Seymour Drescher, tra i massimi esperti mondiali del servaggio

"Il benessere capitalista fermò la schiavitù"

dal nostro inviato a Gorizia

Seymour Drescher insegna storia e sociologia all'università di Pittsburgh ed è uno dei massimi esperti mondiali delle vicende della schiavitù e dei molti tentativi di abolirla - tra i suoi testi più famosi Abolition: A History of Slavery and Antislavery (Cambridge university press, 2009). Nessuno meglio di lui per una chiacchierata riassuntiva sul tema di quest'anno del festival èStoria: Schiavi.

Professor Drescher, la schiavitù si può abolire del tutto?

«Se riportiamo indietro l'orologio della storia a 300 o 400 anni fa la maggior parte delle persone doveva sopportare una qualche forma di servaggio e moltissime persone erano schiave nel più profondo senso della parola. Insomma circa il 95% degli individui non erano liberi. Oggi, più o meno, gli individui che nel mondo sono sottoposti a quello che potremmo chiamare schiavitù vengono calcolati nei termini di 45 su mille. Un progresso enorme. La schiavitù però è molto difficile da eradicare completamente».

Ma quando inizia il percorso che ha portato all'abolizione della schiavitù in Occidente? Con il cristianesimo? Con Seneca?

«Direi di no. San Paolo dice che nell'aldilà non ci saranno né schiavi né padroni ma dice anche allo schiavo fuggito di tornare dal padrone. E Seneca sulla base della filosofia stoica ci dice che siamo tutti in un certo senso schiavi e che deve esserci un legame di umanità che ci unisce tutti. Non sto dicendo che non sono messaggi importanti, sicuramente umanizzano lo schiavo agli occhi del padrone e sono un deterrente alla violenza e agli abusi ma non aboliscono il rapporto di schiavitù, se mai lo mitigano».

E allora cosa fa davvero la differenza? I progressi della rivoluzione industriale? Le rivoluzioni borghesi come quella francese?

«Quando scoppiò la rivoluzione francese si fece un gran parlare di diritti ma nel 1789 non si fece nulla per cancellarla davvero. Anche negli anni seguenti ci si limitò a sancire l'eguaglianza dei nati liberi a prescindere dalla razza. Solo nel 1793 si arrivò per decreto, alla liberazione degli schiavi nelle colonie ma era una scelta dettata dalla necessità».

La rivoluzione industriale?

«La rivoluzione industriale non cancellò automaticamente lo schiavismo. Solo quando la ricchezza prodotta dalla rivoluzione industriale iniziò a diffondersi e la classe media inglese si sentì sicura e protetta allora le idee antischiaviste attecchirono per la prima volta e si arrivò all'abolizione del 1833. E abolire la schiavitù costò un sacco di soldi».

Quindi la schiavitù si elimina con il benessere capitalista e con una classe media felice?

«Non semplifichiamo troppo. Ma sì, il benessere diffuso è una delle chiavi per la diffusione dei diritti».

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