Cultura e Spettacoli

«Bombe e Signorine Buonasera racconto gli Anni di piombo»

Francesca Amé

Patrizia Zangla è nata vicino a Bolzano, a San Candido, e vive agli antipodi: a Barcellona, in provincia di Messina. Sarà forse anche per questo che ama occuparsi delle contraddizioni e degli opposti: lo fa con il rigore dello storico e di pubblicazioni specialistiche ne ha redatte parecchie. Lo dimostrano libri come 1943-1945: l'Italia in camicia nera o come l'ultimo, appena uscito, I Neri e i Rossi, le trame segrete (pagg. 384), entrambi pubblicati da Leone Editore. È un affresco sugli «Anni di Piombo», anzi per usare l'espressione della stessa Zangla «del pensiero di piombo»: scandito in dieci capitoli, dalla strategia della tensione all'«affaire Moro», il volume racconta anni centrali della Prima Repubblica. Ci sono i fatti, narrati con dovizia, l'atmosfera del tempo e qualche colpo di scena.

Professoressa Zangla, partiamo da qui: che cosa c'è di nuovo nel suo libro?

«Si incastrano due piani, quello in superficie che rimanda alla società e all'atmosfera del tempo, al cui interno coesistono forze contrarie: forze che simpatizzano per l'eversione rossa, forze retrive e conservatrici che - senza dichiararlo - fiancheggiano l'eversione nera e quelle sottotraccia. Si inizia con i fatti che precedono la bomba di Piazza Fontana, anche attraverso le vicende di Pinelli e Valpreda, per raggiungere l'uccisione di Moro: dal '64, e non dal '69, fino all'84. È un periodo che investe più di quanto canonicamente s'intenda con l'espressione strategia della tensione e non perché finisce dopo, ma perché inizia prima».

Nel volume ricostruisce anche la storia della P2, di Gladio, dell'Istituto di studi militari Alberto Pollio.

«Tasselli fondamentali: sono i singoli pezzi che fanno parte di un sistema. Rispondo a difficili quesiti: cos'è stato il terrorismo, come si è mossa la centrale della strategia della tensione, cos'è il potere deviato e se c'è stata una centrale unica del terrorismo rosso. Mi sta a cuore anche un'altra cosa».

Prego.

«L'atmosfera del tempo. Vivevamo tra le signorine Buonasera e gli attentati: erano anni di profondi contrasti ma, oserei dire, di grande vivacità».

Una vivacità che spesso sfociava in violenza.

«Non voglio essere fraintesa, ma è indubbio che rispetto a questa nostra società liquida negli anni '70 la politica era un valore, un credo forte per cui lottare, persino per il quale morire. Parlare di ideologia folle è sbagliato: c'era lucidità in ogni azione, tutto era programmato. Mi ha molto colpito, ad esempio, il contributo femminile».

Parliamone.

«Tra i Rossi ci sono stati molti amori armati: coppie doppiamente compagne, che vivevano insieme intimità, lotta politica, clandestinità, come Faranda e Morucci. Le donne non sono più angeli del ciclostile, ma hanno un ruolo attivo. A destra, direi solo Mambro».

Che peso hanno avuto gli intellettuali?

«I partiti e i politici si fondono con una pluralità di voci: Pasolini, Casalegno, Maffai, Cederna, Tobagi, Montanelli, De Mauro e Tanti altri. Anche il ruolo della stampa è stato importante: giornali, radio, tv, facendo pressione sull'emotività della gente, hanno avuto un potere enorme. Non solo strumenti di propaganda ma veicoli attraverso cui le informazioni sono state distorte o deviate».

Lei ha studiato gli archivi delle tre commissioni e scandagliato i giornali dell'epoca: ha anche incontrato testimoni diretti?

«Sì, due terroristi rossi di cui non farò il nome. Volevo comprendere il funzionamento della macchina dall'interno, il passaggio dal dissenso gridato al dissenso armato».

Non sempre la storia può rispondere a tutte le domande.

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