Brutti, nichilisti e spietati È il cinema della crudeltà

Brutti, nichilisti e spietati È il cinema della crudeltà

nostro inviato a Venezia

Accolto da un lungo applauso all'anteprima stampa, il film più crudele della Mostra può realisticamente ambire a un premio importante. Pietà del regista coreano Kim Ki-duk rappresenta il picco più violento della variegata galleria di disperati, fanatici e perdenti messa in scena dalle opere viste finora al Lido. «La sconfitta è elegante», ripete il transessuale all'uomo qualunque catapultato alla celebrità e poi emarginato di Superstar, il film di Giannoli passato il secondo giorno. Ma nella tragedia scatenata dal regista di Primavera, estate, autunno, inverno e Ferro 3 non c'è nulla di narcisista o mediatico. E non c'è nemmeno alcunché di simpaticamente grottesco, come nei morti di fame di È stato il figlio. Infine, non c'è il turbamento psicotico del reduce della Seconda guerra mondiale di The Master o la deriva maniacale della fanatica religiosa di Paradise Faith di Seidl. Tuttavia si tratta sempre di sconfitti, di ultimi, di diseredati. Con varie sfumature, è questo uno dei filoni dominanti della 69esima Mostra veneziana. Gente che non trova risposte ai propri drammi e ai propri disagi, più o meno estremi. Gente che perde e si perde. Gente che nella disperazione crede di risolvere tutto con la violenza e la vendetta come avviene, per esempio, in Outrage Beyond di Takeshi Kitano.
Come nel film di Ciprì, anche in Pietà il vero protagonista è il demone denaro che, si dice, è «l'inizio e la fine di tutte le cose: amore, violenza, pietà, speranza, vendetta, morte». Siamo in un brulicante quartiere di Seoul e Kang-do (Leng Jung-jin) è uno spietato strozzino che storpia i suoi debitori quando non saldano il loro debito. Con cinica lungimiranza, li ha fatti preventivamente assicurare e così le truculente amputazioni producono quei risarcimenti che vanno a pagare il conto. Tutto procede con programmatica ferocia fin quando nella desolata solitudine di Kang-do compare Mi-sun (Cho Min-soo), una misteriosa e bella signora che dice di essere sua madre. Lo ha abbandonato quand'era neonato e ora invoca il suo perdono, sopportando le peggiori umiliazioni, compreso un rapporto incestuoso: «Se sono uscito da qui, ora voglio tornare dentro», sibila Kang-do sovrastando la donna sul pavimento. L'insistenza tenace e devota di Mi-sun finisce per convincere il diffidente giovanotto. Nel suo universo di violenza ora c'è una persona che si prende cura di lui. Ma proprio questo affetto gli rende impossibile continuare le sue pratiche spietate e lo trasforma in una persona pietosa. In un mondo tanto malvagio però niente è come sembra. La donna sparisce e quando Kang-do finalmente la ritrova, il finale deflagra in una tragedia che sa di espiazione più nichilista che di natura religiosa.
«Più che una tragedia greca, col mio film ho voluto mostrare il volto del capitalismo estremo», ha spiegato Ki-duk all'incontro con i giornalisti. «Oltre ai due protagonisti in carne e ossa, al centro di Pietà c'è il denaro. Che, va detto, non è condannabile in sé e per sé. Può avere un volto positivo o negativo e perverso come viene mostrato nel mio film». Nonostante il titolo, «il mio lavoro non vuole proporre concetti cristiani. Ci sono tanti elementi, come il demonio, la pietà appunto, il denaro. Ma sono aspetti di un'opera che racconta l'essenza umana che stiamo perdendo. Pietà vuole parlare di salvezza attraverso il recupero di questa umanità». Girato tra febbraio e marzo di quest'anno nella zona pre-industriale di Cheonggyecheon, un quartiere nel quale il regista ha lavorato da giovane come operaio, il film sarà nei nostri cinema in 60 copie dal 14 settembre. «Quel quartiere è la zona che ha visto nascere in Corea “l'information technology” che ci ha reso all'avanguardia per telefonini e tv», spiega ancora Ki-duk.

«Ora quelle industrie stanno scomparendo sostituite dai grattacieli, nuovi simboli del capitalismo», vero demone della storia.
Certo, l'amore materno (anche se finto) dovrebbe sconfiggerlo. Ma nel finale trionfa comunque il pessimismo più nero. Giusto per non farsi mancare niente...

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