Bungaro celebra le signore della musica italiana

Nel nuovo album "Il valore del momento", il cantautore pugliese, autore di tanti successi per i big del nostro panorama musicale, reintepreta i "suoi" brani. "Per me" spiega "è come riportarle a casa, rivestirle di nuove suggestioni per dedicarle ancora una volta alle stesse grandi donne che me le hanno ispirate"

Bungaro celebra le signore della musica italiana

Autore stimato e interprete raffinato, innamorato del suo lavoro, sempre guidato nel suo percorso dalla bussola della qualità, Bungaro è uno dei gioielli nascosti, o forse non compiutamente riconosciuti, del panorama musicale italiano. La sua carriera è costellata di successi e di zone d’ombra, di sonanti applausi della critica e di momenti di oblio, di «lividi e fiori» come cantava in una sua canzone, di piccoli capolavori come il brano «Guardastelle», presentato al Festival di Sanremo del 2004, e di tanti brani scritti per le più belle voci della musica italiana. Un «patrimonio» che Bungaro mette a frutto nel suo ultimo lavoro, in uscita in questi giorni e che presenterà domani sera al Blue Note di Milano, mercoledì all’Auditorium Parco della Musica di Roma e lunedì 3 dicembre a Lecce. Un album che contiene dodici brani tra cui otto sue creature già interpretate, tra le altre, da Fiorella Mannoia, Giusy Ferreri («Il mare immenso»), Chiara Civello e Patrizia Laquidara.

Bungaro, con «Il valore del momento» lei taglia il traguardo del suo quinto album. Il suo talento è riconosciuto dalla critica e da tante signore della musica italiana che si rivolgono a lei, sicure di trovare qualità ma anche potenziali hit da interpretare. È appagato da questi riconoscimenti o le manca il grande pubblico?
«E’ sicuramente un vero privilegio quello di riuscire a scrivere per grandi interpreti come la Mannoia o la Vanoni, e quindi essere conosciuto al grande pubblico come l’autore di grandi successi. Ma allo stesso tempo questa attività mi consente anche di produrre musica senza limiti e senza costrizioni se non la mia ispirazione, come ho fatto con i miei ultimi lavori per arrivare a “Il valore del momento“ che riassume al meglio le mie due anime, l’interprete e l’autore. Sono quindi sicuramente appagato dal mio percorso e da un pubblico di grande qualità che mi segue e che, devo dire, è sempre più in crescita, a ogni live».

In questo disco lei reinterpreta molte delle sue canzoni incise da altri. È un impulso inevitabile e irresistibile quello di recuperare e cimentarsi in seconda battuta con brani propri o è semplicemente un modo per rivendicare il valore di una creazione?
«Più che altro per me è un "riportarle a casa", rivestirle di altre e nuove suggestioni, che ognuna di loro mi suggerisce, per poi dedicarle ancora una volta alle stesse grandi donne che me le hanno ispirate».

Come mai tante signore della musica italiana si rivolgono a lei? Dipende dal tipo di scrittura, dalla sua sensibilità di artista o dalla capacità di saper cucire ottimi abiti musicali su misura?
«Mi sono sempre sentito un “artigiano“ della musica per cui sicuramente sul saper cucire siamo d’accordo, ma certamente l’universo femminile mi ha sempre attratto, lo considero come uno sguardo oltre, come un modo diverso è più profondo di vedere le cose, e la mia ispirazione non riesce a prescindere da questo mondo così complicato e affascinante».

Quanto è difficile oggi vivere di musica e durare nel tempo, percorrendo la strada della qualità?
«A fine anni ’90 mi sono reso conto della tremenda crisi della discografia in arrivo, dovuta a mio parere alla mancanza di progettualità e di qualità nelle produzioni discografiche e per un certo periodo mi sono dedicato a fare delle incursioni in altre arti come l’insegnamento, il teatro, le colonne sonore per cortometraggi, la produzione di giovani esordienti (Eramo e Passavanti, Laquidara, Pilar), dopo queste esperienze tutte molto lontane dalle “tentazioni commerciali“, mi sono sentito di nuovo pronto a rimettermi in gioco e sono nati i miei ultimi progetti discografici, dal 2003 in poi».

Ci sono state tentazioni o scorciatoie a cui ha rinunciato in questi anni?
Durante tutti questi anni il mio maggior sostentamento è sempre arrivato dall'attività di autore, per cui, per fortuna, non ho avuto bisogno di ricorrere a scorciatoie».

Nel disco precedente, «Arte», lei ha interpretato un testo inedito di Sergio Endrigo. E proprio come lui ha stabilito un rapporto particolare con la musica e la terra brasiliana. Qual è il ricordo più bello di questo progetto?
«Due ricordi: il primo è che questo pezzo è stato il tramite per la conoscenza di un grande musicista come Omar Sosa che lo ha mirabilmente arrangiato e il secondo è la grande emozione che ho provato quando ho fatto ascoltare il brano a Claudia Endrigo».

Dove avvenne l’incontro?
«Eravamo nella casa di Sergio Endrigo. É stato davvero esaltante sentir risuonare la mia musica con le parole del grande poeta, proprio fra le mura di casa sua».

E invece il legame con il Brasile come nasce?
Ho fatto il mio primo viaggio a Salvador de Bahia con Max De Tomassi nel 2003 e ho trovato qualcosa che mi ricordava moltissimo la mia terra d’origine, il Salento. Così è nato un amore verso il popolo brasiliano e la sua cultura.

Poi negli anni mi sono ritrovato a collaborare con grandi esponenti della musica brasiliana: Ivan Lins, Paula Morelembaum, Miucha Buarque de Hollanda, Ana Carolina e Daniela Mercury. Artisti con cui è stata facile stabilire un legame alla luce di una affinità che ho percepito come spontanea e naturale».



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