Busoni, omaggio a un cervello in fuga

La storia dei cervelli in fuga dura da un bel po'. Anzi, a guardar bene, da secoli. Si prenda ad esempio la parabola del pianista-compositore novecentesco Ferruccio Busoni madre triestina per metà tedesca e padre empolese -: nel corso della sua carriera si trovò a dirigere il Conservatorio di Bologna. Ebbene, a un certo punto, irritato per la troppa italica disorganizzazione e arretratezza culturale del periodo, decise di fare i bagagli e di trasferirsi a Zurigo, dove la musica anche allora era un'altra faccenda. Eh sì, a volte sembra di leggere e rileggere la stessa pagina di storia. Ma va ricordato però che quelli erano gli anni della prima guerra mondiale. Ora il Belpaese della musica si prepara, almeno là dove il Maestro ha lasciato tracce, grandi e piccole, a ricordarlo: il count down è iniziato per ricordare i centocinquant'anni anni dalla sua nascita che avvenne in quel di Empoli. I suoi meriti, al di là della sua produzione compositiva, si possono riassumere in poche parole: è stato uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi. E didatta di prima grandezza: tra gli allievi ebbe Sibelius, Agosti e Petri. Ma anche teorizzatore colto, con approccio avanguardistico. Per dirne una fu tra i precursori dell'elettronica, con un saggio degli anni Dieci sulla nuova estetica.

A occuparsi del personaggio c'è un centro studi a lui dedicato con base a Empoli (http://www.centrobusoni.org/): domani sera porta in scena nel locale teatro Shalom musiche di Busoni e Dvorak; prima tappa di una stagione concertistica con i lavori dell'illustre concittadino.

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