Stefania Vutulli
da Venezia
Campiello in rosa, en plein per la donne: «Perché non soltanto leggono più libri, ma li scrivono anche», come ha detto Geppi Cucciari, conduttrice della finale su Rai5 insieme a Neri Marcoré. Dopo cinque finaliste al Campiello Giovani, è stata Simona Vinci, classe 1970, con La prima verità (Einaudi) a trionfare ieri sera alla Fenice per la 54^ edizione del Campiello, il premio di Confindustria Veneto, con 79 voti dei 280 validi dei Trecento della giuria popolare. Il romanzo è a metà tra auto e docu-fiction, con al centro il tema della malattia mentale e del passato oscuro degli ospedali psichiatrici, tra Budrio e l'isola di Leros. Elisabetta Rasy, classe 1947, l'altra scrittrice in finale, arriva seconda con Le regole del fuoco (Rizzoli), con 64 voti. Qui è protagonista la delicata storia d'amore, al fronte nel 1917, tra una ventenne infermiera volontaria di buona famiglia e una coraggiosa provinciale del Nord che vuole diventare medico. Perde la veterana, proprio come l'anno scorso il giovane Marco Balzano seminò lo sfortunato (in premi letterari) Scurati, nonostante fosse la grande favorita. Il tema mai risolto della chiusura dei manicomi ha conquistato i giurati popolari, tra i quali spiccano i nomi di Luca Bizzarri, Oscar Giannino, Alessandro Haber.
Degli altri finalisti scelti dai dieci della Giuria dei Letterati, presieduti da Ernesto Galli della Loggia (tre nuovi ingressi: Roberto Vecchioni, Stefano Zecchi ed Emanuele Zinato), è terzo per un soffio con 62 voti Il giardino delle mosche di Andrea Tarabbia (Ponte alle Grazie), ricostruzione esatta e disturbante della storia di Andrej Cikatilo, che uccise e mutilò, nell'URSS anni 80, oltre 50 persone. Quarto con 41 voti Luca Doninelli con Le cose semplici (Bompiani), storia d'amore di oltre 800 pagine in un mondo alla fine, senza energia, denaro e regole sociali. Fanalino di coda con 34 voti Alessandro Bertante con Gli ultimi ragazzi del secolo (Giunti), ritratto di una generazione nella Milano anni 80. Premio Fondazione Campiello 2016 a Ferdinando Camon, classe 1935.
Campiello Opera Prima per La teologia del cinghiale (Elliot) a Gesuino Némus, pseudonimo di Matteo Locci, migrante di Jerzu che prima dell'esordio ha fatto ventotto lavori, poi si è trovato a piedi: «E mi sono chiesto: che cosa so fare? So scrivere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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