Dopotutto Malika Ayane ha sempre giocato in un altro campionato. È un'artista jazz che veste la maglia del pop e lo conferma anche il nuovo disco, che è forte e intimo, e si intitola Malifesto quasi fosse una dichiarazione d'intenti: «È come se tutte le emozioni che ho accumulato nella prima clausura, quella brutta brutta della scorsa primavera, le avessi vomitate fuori in questo disco». Sono dieci canzoni di energia sofisticata e registrata mescolando tecniche nuove e attitudini vecchie. Ad esempio le batterie sono filtrate nei simulatori di nastri e c'è il basso Hofner che dà un suono essenziale ma potente. Poche chitarre elettriche, ovviamente, e molta acustica per fortuna calda, non digitale. Un disco fuori dal coro, specialmente dal coro roboante della modernità un tanto al chilo, quella che si veste di nuovo ma, sotto sotto, è più vecchia del vecchio. Per capirci, Malifesto «è veloce e intenso come uno shottino», dice lei. Ed esce poche settimane dopo la partecipazione al Festival di Sanremo: «Me lo sogno ancora di notte, ci metterò un po' a razionalizzare tutto con calma».
Addirittura?
«L'altra notte ho sognato che non trovavo i vestiti ma dovevo andare subito all'Ariston. È stata un'esperienza così intensa che ho bisogno di un po' di tempo per mettere tutto a fuoco».
Contenta del suo Sanremo?
«Direi proprio di sì. Non sono mai andata a Sanremo per vincere qualcosa, ma per mostrare un progetto».
Ora qual è il suo Malifesto?
«È il mio terzo album sul presente. In Naif c'era il bisogno di vita, in Domino il bisogno di osservare, ora canto un presente nel quale si vive e si osserva».
Sono dieci canzoni raffinate e registrate in modo raffinato. Non è troppo sofisticato?
«Il mio obiettivo è di fare ogni volta il massimo che posso fare. Davvero risulta troppo sofisticato? Pazienza. Me ne farò una ragione. Però, a dirla tutta, non avrei mai pensato di correre questo rischio. Ho solo voluto registrare un disco che potesse essere ascoltato sia a casa che in auto. Insomma, un disco più libero, non monodimensionale».
Magari non proprio «pensato» per andare in classifica.
«Non voglio fare quella che se la tira, ma non ho mai pensato molto alla classifica».
La differenza è comunque nella voce.
«Beh, nascere con un timbro particolare è senza dubbio una benedizione del destino. Però la voce bisogna imparare a usarla e bisogna continuamente educarsi in modo che i sentimenti riescano a confluire nella voce».
A proposito, come usciremo da questa pandemia?
«Ne usciremo nudi, privi di tanti orpelli».
Ora si vive una sorta di «nostalgico presente», per ricordare il suo brano «Adesso e qui».
«La differenza è sempre nello sguardo che si riserva alla nostalgia. A come la si considera. Nel nostro recente passato dovevamo galoppare, eravamo obbligati a farlo in attesa di chissà cosa. Ora questa fase può dare un significato diverso alla nostalgia».
Malika è considerata una donna «forte».
«Ma, come tutte le donne che vengono riconosciute forti, anche io ogni tanto devo essere raccolta dal cestino. Abbiamo tutti momenti di debolezza e fragilità. Se fossi solo forte, sarei insopportabile. Ma l'importante è trasformare le proprie fragilità in qualcosa di utile e vitale».
In questo disco collabora con Colapesce e Dimartino.
«Con Colapesce c'è un rapporto che dura da quando lui e Dimartino non piacevano a tutti come sta accadendo dopo il Festival di Sanremo».
Che cosa hanno portato nel Malifesto di Malika?
«Il modo leggero di affrontare il pop».
È un periodo (lunghissimo) senza concerti dal vivo.
«E io che nasco come concertista lo patisco moltissimo. La musica vive del contatto con le persone mentre si suona o si canta».
Avrebbe dovuto festeggiare i primi dieci anni di carriera con un grande evento dal vivo (all'Arena di Verona).
«Io riprenderei a cantare dal vivo anche domani, ma i tempi sono poco sicuri e c'è comunque da rispettare chi ha già annullato tour l'anno scorso. Però...».
Però?
«Però potrei fare già in autunno dei piccoli concerti all'estero. Durante il Festival ho ricevuto un inatteso interesse dall'estero perciò mi piacerebbe fare qualcosa nel Nord Europa e nei Paesi Bassi, entro la fine dell'anno diciamo».
E nell'attesa?
«Andrò casa per casa a vendere il mio disco come un venditore porta a porta». (ride - ndr)
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